Amnesty tace sui crimini di Hamas

mercoledì 20 giugno 2012


Nel rapporto 2012 di Amnesty international su Israele e i Territori occupati, leggi Gaza e Cisgiordania, c’è una bella amnesia, anzi “amnesy”, che difficilmente può trovare una spiegazione se non nel delirio politically e islamically correct che da un po’ di tempo a questa parte caratterizza la più nota e stimata ong che si occupa di diritti umani: Hamas non viene mai citata. Il rapporto infatti, opportunamente “ri–monitorato” dalla ong “Secondo Protocollo”, in un dettagliato controrapporto dell’analista Miriam Bolaffi, è orientato al 100 per cento contro Israele. Non fa ad esempio alcun cenno all’omicidio Arrigoni, ai blogger incarcerati da Hamas e dalla Anp, ai bambini e ai civili usati come scudi umani dai terroristi, al fatto che i terroristi non vestono una divisa e quindi si rendono irriconoscibili rispetto ai civili. Nomina appena le centinaia di missili sparati dai terroristi su Israele e sui civili israeliani (14 parole in tutto in otto pagine). «Sembra quasi un comunicato dell’Onu o di Catherine Ashton», ironizza la analista di cui sopra. Il rapporto straparla di “blocco di Gaza e crisi umanitaria”. Parla di “restrizioni in Cisgiordania” citando posti di blocco e barriere protettive come se fossero “angherie” verso gli arabi quando invece sono misure di sicurezza e di legittima difesa che negli ultimi anni hanno azzerato gli atti di terrorismo in Israele.

Parla di “diritto all’alloggio” come se fossero gli israeliani a dover garantire gli alloggi agli arabi che occupano il territorio israeliano. Parla di “uso eccessivo della forza”, come se ci fosse un modo moderato di usare la forza senza mai nominare Hamas, gli scudi umani, gli atti di terrorismo, i tentativi di rapimento. Parla di “impunità israeliana” per l’operazione Piombo Fuso, ignorando i risultati della commissione Turkel.

Condanna poi le detenzioni abbinate alla “detenzione amministrativa” e critica il fatto che ad alcuni prigionieri (leggi i peggiori terroristi) venga impedito di vedere i famigliari per ragioni di sicurezza. Discetta inoltre di  “torture e maltrattamenti” e di “processi iniqui”. Il tutto, scrive sempre la Bolaffi, «senza sapere bene dove abbia preso le quattro informazioni che dice di avere a riguardo (mai una volta che portassero un testimone o che provassero quello che dicono)».

Un capitolo a parte della evidentemente pregiudiziale impostazione anti israeliana del rapporto di “Amnesty-Amnesy”, è raggiunto quando si parla di mancanza di “libertà di espressione in Israele”. Ovviamente, visto che non viene menzionata tale censura per i palestinesi, si deve dedurre che invece a Gaza e in West Bank esista il quarto potere. Ebbene, tale imputazione contro Israele è basata sul fatto che il Parlamento israeliano (la Knesset) ha approvato una legge che punisce quelle associazioni israeliane (e non) che propongono il boicottaggio di Israele o che collaborano con il nemico. Non sta bene ad Amnesty inoltre che ad alcune ong israeliane sia stato impedito di ricevere fondi dall’estero. Il tutto, come si legge nel contro rapporto, «quando è ampiamente dimostrato che proprio quei fondi finanziavano attività anti-israeliane, dimenticando (facendo finta di dimenticare) che Israele è un Paese in guerra».

Vediamo allora cosa “non c’è” nel rapportino di otto pagine. Ad esempio non è spiegato perché i civili arabi vengano uccisi, perché  Hamas si faccia scudo dei  civili e si renda irriconoscibile mischiandosi a loro. «Di Hamas proprio non parla (in otto pagine di rapporto il gruppo terrorista non viene mai nominato). Non si spiega perché gli arabi vengano detenuti e perché ad alcuni (pochissimi) sia impedito di avere contatti con l’esterno». Il rapporto di Amnesty non spiega proprio niente di tutto questo. Attacca semplicemente Israele tralasciando deliberatamente tutto il resto. E invece - e proprio il povero Vittorio Arrigoni ne sapeva qualcosa - c’erano tanti capitoli delle violazioni dei diritti umani compiute da Hamas e dai suoi sicari che potevano essere menzionate. Ad esempio il caso del gruppo Gybo (Gaza youth breaks out) . Ciò che ha reso famoso questo gruppo di giovani di Gaza è stato lo slogan con cui si presentarono al mondo durante la cosiddetta primavera araba: «Vaffanculo Hamas. Vaffanculo Israele. Vaffanculo Fatah. Vaffanculo Onu. Vaffanculo Unwra. Vaffanculo Usa». Il gruppo ce l’aveva con tutti. Quando diffusero per la prima volta il loro “manifesto” (in Italia fu il defunto Vittorio Arrigoni a farlo) attaccarono sia Israele sia Hamas sia Fatah. Da allora iniziarono le persecuzioni nei loro confronti. Uno dei loro leader (Abu Yazan) venne incarcerato da Hamas il 14 agosto 2011 al ritorno da una conferenza tenutasi in Francia dove parlò delle condizioni di vita dei giovani di Gaza sotto l’occupazione di Hamas e sotto quello che lui chiamava l’assedio israeliano. Di lui non si è saputo più niente. Negli ultimi mesi decine di attivisti del gruppo Gybo sono stati arrestati solo perché contestavano Hamas oltre a  Israele. Molti di loro sono stati duramente malmenati solamente perché hanno osato denunciare la violenza e la prepotenza di Hamas, la corruzione di Fatah e, naturalmente, “l’assedio israeliano” . Amnesty International non ha speso una sola parola nel suo rapporto sulle persecuzioni alle quali è sottoposto questo gruppo pacifista palestinese, forse perché oltre ad attaccare Israele se la prendono pure con Hamas?

Altra grave omissione nel rapporto di “amnesy”, è la mancata menzione degli arresti indiscriminati di membri di Fatah effettuati nei mesi scorsi a Gaza da Hamas (51 arrestati solo il 24 marzo 2012). Secondo il portavoce di Fatah, Fayez Abu Eita, anche lui arrestato il 25 marzo, Hamas sta eseguendo gli ordini di Teheran che non vuole un riavvicinamento tra i due gruppi palestinesi. Seplicemente perché provocherebbe problemi all’Iran in caso delle più volte minacciate rappresaglie atomiche contro Gerusalemme  che potrebbero seguire a tentativi israeliani di colpire  le centrali nucleari iraniane. Insomma Hamas deve persino garantire che, se Teheran attaccasse Israele con l’atomica, ai palestinesi, confinanti, la cosa stia bene così, anche se morirebbero insieme agli odiati nemici. Aveva proprio ragione Golda Meir che diceva che «avranno la pace quando impareranno ad amare i propri figli più di quanto non odino noi». Ma “quelli”, i figli li mandano a farsi esplodere con le cinture piene di tritolo. Anche se Amnesty non lo rileva nei propri rapporti.


di Dimitri Buffa