Quando un dolore diventa un viaggio

domenica 17 giugno 2012


Dare al dolore la luce della speranza. Offrire un altro punto di vista, un'altra prospettiva, una seconda possibilità. Dare un senso alle lacrime e una via d'uscita alla sofferenza. Regalare a se stessi la possibilità di ricordare senza che la ferita si riapra. Una dolce e consapevole presa di coscienza, che non esclude il dover osservare anche la morte. Il Regno di Op è quel posto sospeso nel tempo, dove la vita di bambini e genitori è fra parentesi. Dove c'è un errore, un inceppamento, qualcosa che va messo a posto. E, come in tutte le cose che non vanno, non si conta il tempo che scorre quando è utilizzato per mettere a posto la falla. Si ricomincia a contare da quando la palla è rimessa al centro.

Op è l'acronimo di un reparto d'ospedale, quello dell'Oncologia pediatrica. Un nome che stride. Perché accostare un tumore ad un bambino è crudamente e semplicemente orrendo. Senza senso, contro natura. Eppure succede. Paola Natalicchio lo sa bene. Il suo piccolo Angelo, a due mesi, ha dovuto ospitare nel suo piccolo corpo un personaggio indesiderato. Per cacciarlo ha dovuto chiedere l'aiuto dei dottori.

Paola, giornalista e felice giocoliera delle parole, è riuscita dove nessuno si era ancora addentrato. Ha scritto un libro sulla sofferenza, tingendolo di tinte pastello, di lacrime sorridenti, di paura affrontata, di rabbia. Un libro che è la parafrasi dell'esistenza: un grande punto interrogativo. Un'approssimazione infinitesimale per arrivare ad una risposta che non ci sarà mai. Perché non esiste, come il punto d'incontro di due rette parallele, che solo l'infinito, quell'evocativo 8 rovesciato, custodisce. E allora cosa fare quando la risposta ad un dolore, ad una sofferenza, ad un gioco crudele non si riesce a trovare? Paola lo ha capito bene. La risposta è intrinseca nella sua vocazione lavorativa. Descrivere, trovare parole nuove, nuovi  percorsi, pattinando con infinita grazia fra le lettere.

Non è facile trattenere le lacrime quando ci si rende conto che quelle pagine descrivono la realtà e non è un'iperbole stilistica di un visionario. C'è la meraviglia, quella brutta della scoperta; c'è la consapevolezza; c'è la tentazione di arrendersi; c'è la presa di responsabilità del pericolo estremo;  c'è il risollevarsi; c'è il ritorno della paura. E ci sono gli occhi di un padre, gonfi di lacrime, illuminati dalla speranza, chiusi dalla stanchezza, smarriti nel dubbio. E poi c'è Angelo, protagonista inconsapevole della forza dei suoi genitori. Spettatore dell'amore e della testardaggine di chi non china la testa di fronte all'imponderabile. Non c'è nessuno che perda ma c'è, di contro, un solo vincitore. Il futuro.

Quell'innato desiderio incontenibile di vita, di sole, di alberi, di mare, di continuità e di naturale avvicendarsi delle cose. Che vince anche quando la sorte decide di interrompere un cammino, perché proprio Paola insegna e ribadisce, che la continuità può anche vestirsi di nero. L'importante è non abbassare mai lo sguardo, sfidare la sofferenza, descriverla per farla propria, con le proprie parole, colorarla come più ci piace. Metabolizzarla e ospitarla senza essere attori passivi di un'occupazione.


di Francesco Di Majo