Cannes, tutte le strade portano a Roma

domenica 10 giugno 2012


Se tutte le strade portano a Roma, la cosa appare ancora più vera quando si parla di quelle del cinema. A Roma infatti (ma a dire il vero anche a Milano con gli omologhi meneghini) la Agis Anec del Lazio ogni anno ci riserva questa bellissima sorpresa di proiettare in anteprima assoluta e in lingua originale sottotitolata le più belle pellicole presentate nei vari festival cinematografici. A settembre Venezia, a giugno Cannes, ma nell'estate si svolge anche la manifestazione che riguarda il festival di Locarno e forse l'anno prossimo a marzo ci sarà anche una selezione della Berlinale. L'iniziativa è tanto più lodevole in quanto da parte degli esercenti delle sale arriva quasi sempre un aiuto minimo condito con miopi alzate di spalle: difficilmente si rinuncia a una settimana di blockbusters per fare largo a pellicole che nel 50% dei casi verranno distribuite, se lo saranno, un anno o anche più tempo dopo. Quest'anno i romani, per vedere le pellicole del XVII festival di Cannes dovranno accontentarsi del circuito Eden, Adriano, Giulio Cesare, in pratica l'ex Cecchi Gori e dintorni, rigorosamente locato nel triangolo delle Bermuda di quel di Prati. Circuito cinema, cioè Quattro Fontane, Nuovo Olimpia, Greenwich e Mignon per questa volta hanno chissà perché marcato visita. Sia come sia, dall'8 al 14 giugno la rassegna è in pieno corso di svolgimento con biglietti a sette euro e sei per i ridotti. In programma oltre 20 lungometraggi tra quelli visti a Cannes: titoli provenienti dal "Concorso", da "Cannes Classic", dalla "Quinzaine des Réalisateurs" e dalla "Semaine de la Critique", tutti proposti in anteprima assoluta e in versione originale con sottotitoli italiani. Ovviamente si potranno vedere molti dei film premiati: a cominciare da "Amour", il film di Michael Haneke con Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva e Isabelle Huppert che ha commosso il pubblico e conquistato la Palma d'oro (la seconda vinta dal regista, dopo quella per Il nastro bianco). Direttamente dal cosiddetto Palmares anche "Post tenebras lux" di Carlos Reygadas, vincitore del premio per la migliore regia, e "Beyond the Hills", scritto e diretto da Cristian Mungiu, che ha ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura e quello per le migliori attrici (Cosmina Stratan e Cristina Flutur).

Dal "Concorso" arriveranno anche "De Rouille et d'os" di Jacques Audiard, già regista de "Il profeta", con la star d'oltralpe (e ormai anche d'oltreoceano) Marion Cotillard, grande successo nelle sale francesi. Da menzionare "Moonrise Kingdom" di Wes Anderson, film d'apertura del festival, interpretato da un cast stellare in cui spiccano i nomi di Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Tilda Swinton e Harvey Keitel. Per non parlare di "Paradise: Love", nuova provocatoria opera - la prima di un'annunciata trilogia - firmata dall'austriaco Ulrich Seidl.

Nella sezione che riguarda la "Quinzaine des Réalisateurs", sono da segnalare, tra i titoli in programma, il film del  vincitore del premio "Label Europa cinemas", "Le repenti" di Merzak Allouache: è la storia di un pentito della jihad. Poi c'è "Camille redouble", firmato dalla regista, sceneggiatrice e attrice Noémie Lvovsky, vincitore del premio Sacd e infine il nuovo film di Michel Gondry, "The We and the I", che segna il ritorno dell'autore di "Se mi lasci ti cancello" al cinema indipendente, dopo la parentesi di "The Green Hornet". E ancora: "Infancia clandestina" di Benjamín Ávila, che narra di  clandestinità, attivismo e amore nell'Argentina del 1979 all'epoca della giunta militare tanto amata dal Vaticano. Last but not least, "Dangerous Liaisons" di Jin-ho Hur, ennesima rilettura de "Le relazioni pericolose", stavolta in salsa cinese nella Shangai degli anni '30. Da ultimo, ma non per ultimo, la "Semaine de la Critique", che continua a dar conto delle nuove tendenze - opere prime e seconde - del cinema mondiale. A Roma si vedranno, tra gli altri film, il vincitore del "Grand prix", "Aquí et Allá" di Antonio Méndez Esparza (che ha presentato il film al pubblico ieri), "Au galop" di Louis-Do de Lencquesaing con la italiana figlia d'arte Valentina Cervi, e "Broken" di Rufus Norris, con Tim Roth (questo ultimo film sarà presentato oggi dal direttore della "Semaine", Charles Tesson). Per gli amanti delle storie della serie "sesso versus religione", ci pregiamo di consigliare un film rumeno ispirato a un fatto veramente accaduto: trattasi di "Dupa Dealuri", "Beyond the hills", del regista Cristian Mungiu. Storia accaduta nel 2005 in un convento della Moldavia, il film scava in una travagliata storia d'amore tra due donne. Alina e Voichita, cresciute insieme in orfanotrofio, diventano amanti fino a quando la religione non le separa. Voichita si reca in un isolato convento ortodosso in Romania e si fa suora. Alina, non rassegnatasi, la raggiunge nel suo eremo per convincerla a tornare insieme in Germania. Nel tentativo di riconquistare Voichita, Alina entra in competizione con il sacerdote. Questa pellicola, come si diceva in apertura, ha ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura e guradandola scoprirete perché e se tale premio è da giudicarsi congruo e meritato. Da anni comunque il cinema rumeno ci da lezioni di neo realismo e quando capita, come in questo caso, anche di iper realismo. Per noi provinciali del cinema, abituati a trangugiare sempre e solo le americanate oltre alle commedie all'italiana, arriva un'ulteriore lezione di stile e uno schiaffo morale per quegli esercenti cinematografici che continuano a dubitare di pellicole sbrigativamente etichettate come "d'essay". Troppo abituati alle battute di Villaggio sulla "Corazzata Potemkin" crediamo di potere fare la tara a ogni film dell'est europeo come "lento", "cervellotico" e quindi "una boiata pazzesca". Ma spesso per vedere "boiate" non occorre varcare i confini nazionali: la nostra cinematografia,  cosiddetta "indipendente", da tutto ovviamente, tranne che dai soldi del fondo unico per lo spettacolo, ce ne sforna almeno un esempio al mese se non a settimana. Sia chiaro: anche all'estero, e segnatamente in Romania, i film migliori si giovano di soldi pubblici. Ma sono per l'appunto fiori all'occhiello, non prodotti dozzinali in cui fare lavorare figli di papà e d'arte del cinema italiota.


di Dimitri Buffa