Ecco perché siamo tutti Delio Rossi

venerdì 4 maggio 2012


Chi è alla lettura la scena l'avrà vista in diverse salse: Adem Ljajic, quasi 21 anni, serbo, viene sostituito intorno al trentesimo del primo tempo dopo l'ennesima prova incolore. La Fiorentina è sotto di due reti col Novara, praticamente già in serie B, all'Artemio Franchi. Ljajic pascola per il campo e più che il "Kakà dell'Est" sembra il Renato Portaluppi di Novi Pazar. Il trequartista si avvicina al bordo campo, saluta Olivera che entra al suo posto, batte le mani in modo ironico a mister Rossi, lo apostrofa, va in panchina, lo apostrofa ancora e gli fa "ok" con il dito. «Sei bravo, mister». Delio Rossi non ci vede più: da uomo equilibrato e solitamente pacato nelle dichiarazioni parte verso Ljajic, si abbassa verso la panca e prova a colpirlo, non ci riesce, allora ricarica il destro e va a contatto con il calciatore.

Il centrocampista viola non ci crede quasi, para i colpi, mentre intervengono altre riserve e componenti dello staff, i due vengono divisi e Ljajic portato dall'altro capo della panchina. Rossi si riaggiusta la giacca e ricomincia a fare il suo lavoro. La Fiorentina evita la figuraccia e pareggia 2-2, con doppietta di Montolivo. Ai toscani manca ancora un punto per salvarsi, un punto da trovare in una stagione da buttare: d'altronde Della Valle sta lasciando e ha smesso di versare milioni e milioni di euro nelle casse della società, che ora viaggia in pratica tra amministratori delegati e dubbi sul futuro.

Normale che il nervosismo sia alle stelle: neanche Rossi ha fatto volare la Fiorentina quanto avrebbe sperato tutta Firenze. Il gesto è brutto, c'è da dirlo, va contro il fair play e tutte quelle menate da terzo tempo e simili: mettetevelo in testa, il calcio è gioco fatto anche di scorrettezze, slealtà, furbizie. Maradona ha fatto vincere un Mondiale all'Argentina segnando di mano ed eleggendo il suo arto a prolungamento divino. I difensori insultano mamme e sorelle e pestano i piedi a chiunque. Gli attaccanti alzano i gomiti sugli zigomi e sui fianchi degli avversari, solo per far capire che stanno in campo e non sono lì per farsi mettere i piedi in testa.

Il calcio è una serie di codici di comunicazione. Anche quando un calciatore cade a terra dice a tutti, arbitro compreso, «questo sgambetto era troppo cattivo». Il calcio piace anche per questo, per il suo essere una riedizione di duelli a singolar tenzone, di rivalità tra città, di campanilismi e regionalismi che sono radicati nella storia di questo paese. Tutto questo deve essere passato in testa ai tifosi fiorentini che hanno applaudito Delio Rossi e fischiato Ljajic.

Eppure il gioco del calcio è uno sport, e come tutti gli sport è una disciplina. Necessita di regole interne ed esterne, fatte di rigore ed estetica esplicativa. Delio Rossi lo ha messo in mostra: il primo ventenne che passa non può permettersi di fare queste cose in faccia al mister. Cosa direbbero gli altri giocatori, magari più anziani e anche più incazzati per la stagione che sta andando a rotoli? L'arbitro può forse permettersi di farsi prendere in giro in campo? No. Un allenatore di Serie A, per altro plurititolato, nemmeno.

Non è Ljajic la vittima, ma Rossi, che ha dovuto sostituire il padre di un ragazzo evidentemente partito di casa troppo presto. É giusto un po' di sano ribellismo giovanile, nessuno lo mette in dubbio, ma vederlo messo in pratica da gente viziata e che guadagna milioni di euro l'anno proprio non lo si può sopportare, soprattutto se si sta in campo come se fosse la partitella sulla spiaggia. É la crisi del modello dell'autorità: giovani che non rispettano gli arbitri, gli allenatori, gli avversari. Lo stesso si vede nelle scuole: ragazzi che insultano insegnanti, gli rigano le macchine, arrivano allo scontro fisico. E i genitori spesso che gli vanno appresso. Al posto di chiedere ai figli il perché di quel tre in Italiano, si va al ricevimento dal professore esibendo lamentele ad un semplice funzionario dello Stato: si parte sempre dal pregiudizio che i propri figli siano intoccabili. «Signora, suo figlio semplicemente non studia». C'è chi è arrivato alle cause in tribunale per risposte del genere.

E i figli? I figli crescono credendosi tutti fenomeni, rispondono male, sbattono le porte a scuola. Così nasce il bullismo, uno degli allarmi dirompenti tra i più giovani: se manca il rispetto verso i più anziani, come si può pretendere che si possa rispettare il proprio coetaneo o addirittura il più debole o l'emarginato? Avete presente Balotelli? Ecco, lui è uno che non rispetta il proprio compagno. La punizione la tira lui perché è più forte. All'allenamento arriva più tardi perché lui pensa di essere più bravo. Se il calcio può insegnare qualcosa ancora a questa società è proprio il rispetto di alcune regole di vita: se ci si impegna e si rispettano gli altri allora è possibile vincere la propria partita, magari con qualche furbizia, ma l'essere smaliziati può essere anche un pregio.

E allora basta coi falsi moralismi e gli indignati per un (sano) ceffone: Rossi ha fatto una cosa che in molti ritengono doverosa e che molti avrebbero voluto vedere già da tempo, verso giocatori che mettono a repentaglio squadre intere, verso ragazzi che buttano via il rispetto di sé e degli altri. E allora può essere giusto condannare il mister: la violenza in campo non va mai utilizzata, la Uefa e la Fifa cercano da anni di lavorare su questi aspetti, ma perché non lavorare pure sui valori che trasmettono i calciatori? Deve sempre per forza passare il messaggio che qualche ragazzetto strapagato può permettersi di mandare maleducatamente a quel paese chiunque senza conseguenze? Costoro non sono lo stesso un modello per i giovani? Il loro comportamento è da ritenersi ugualmente diseducativo, al pari della violenza.

Educare molto spesso passa anche per comportamenti dolorosi. Rossi è stato esonerato in meno di una notte e squalificato immediatamente per tre mesi. I calciatori non vengono puniti mai, forse qualche volta prendono una multina dai propri presidenti. Vorremmo vedere la stessa inflessibilità con un'altra piaga ben più grave insita sia nel calcio che nella società di oggi: il razzismo. Ma evidentemente i "buuu" e i cori contro i giocatori ritenuti altro da noi sono meno vistosi di un pugno in faccia, brutto, ma che almeno può e ci deve far riflettere.


di Enrico Strina