domenica 29 aprile 2012
Mamma Rai non è più Lei. Questa l'ironica battuta che corre di voce in voce nei corridoi di Saxa Rubra dopo la chiusura di Rai International e Rai Corporation. Giornalisti, tecnici, dirigenti tutti contro il direttore generale Lorenza Lei e il capo del personale Giancarlo Comanducci, esecutori della decisione del Consiglio di Amministrazione dell'autunno 2011 di operare pesanti tagli delle strutture aziendali.
Dopo 37 anni la Rai Corporation non c'è più. La sede è stata svuotata e tutte le apparecchiature, le scrivanie, i mezzi tecnici messi all'asta. Se ne occuperà tra una settimana (dalle ore 7 del 2 alle ore 10 del 3 maggio) la società americana di servizi Heritage Global Partners. Segno dei tempi di una Rai in crisi: dai fasti agli sprechi. Ma anche il segno di un declino dell'azienda pubblica per la quale il Consiglio di Amministrazione è in scadenza e il Parlamento ha deciso di prendere in esame le diverse le proposte di riforma da quella del radicale Bernardi a quella dell'ex segretario del sindacato interno e deputato Pd Giuseppe Giulietti.
All'asta anche la gigantografia del mitico Ruggero Orlando che inaugurò le trasmissioni giornalistiche dall'America con l'incipit rimasto famoso "Qui New York, vi parla Ruggero Orlando". La Rai Corporation era la finestra, la vetrina di viale Mazzini sulla più grande potenza politica ed economica del mondo. Fondata il 20 gennaio 1960 aveva la sede principale nel quartiere di Manhattan, due appartamenti nell'immenso grattacielo con gli uffici del colosso delle telecomunicazioni "A e t" e della tv brasiliana Rete Globo.
Il tracollo della struttura (i costi erano diventati insostenibili) ha coinvolto una settantina di lavoratori tra tecnici, amministrativi e free lance e il direttore generale Guido Corso che era al vertice da una ventina d'anni. Primo presidente è stato Carlo Fustagni, dopo il quale si sono avvicendati Giuliana Del Bufalo, Giancarlo Leone, Fabrizio Maffei e Massimo Magliaro. Per anni Rai Corporation è stata una società che produceva, distribuiva e commercializzava i prodotti radiofonici e televisivi della Rai in America e nei paesi del Sudamerica. Gli scatoloni, come è accaduto per altri gruppi in crisi, sono stati riempiti e portati via a ridosso di Pasqua. Poi il 12 aprile giorno di chiusura totale e messa in liquidazione della società. Niente più Rai nel palazzone all'angolo tra la Sesta Avenue e la 55° strada. Il primo gennaio erano arrivate le lettere di licenziamento. I giornalisti corrispondenti trasmetteranno dalla sede dell'agenzia AP, ma non è detto che ci sarà un risparmio per l'azienda di viale Mazzini. "La chiusura, ha commentato il segretario della Fnsi Franco Siddi, non poteva essere più triste, avvilente e indice di una Rai che non riesce più a dare valore ai suoi pezzi pregiati".
I corrispondenti da New York hanno scritto pagine e pagine di
storia del giornalismo: da Antonello Marescalchi a Ruggero Orlando,
da Lucio Manisco a Borrelli e Claudio Angelini, da Maria Giovanna
Maglie ad Antonio Di Bella, da Dino Cerri a Giovanna
Botteri. L'era digitale ha travolto anche la Rai che non è
riuscita a rinnovarsi tecnologicamente.
Anzi, gli ultimi grandi investimenti sui mezzi di ripresa e sugli
strumenti risalgono alla direzione di Piero Vigorelli con la terza
edizione dei Telegiornali regionali. Fiore all'occhiello per
cinquantuno anni, la Rai Corporation ha raccolto l'evoluzione
dell'America e del mondo. Chiude proprio nel mezzo di una
incerta campagna elettorale per la Presidenza Usa. Ma hanno chiuso
anche gli uffici di Nairobi, Beirut, Istanbul, Nuova Delhi, Buenos
Aires, Madrid e Mosca. Una Rai più piccola e meno autorevole.
di Sergio Menicucci