Ma che barba questo Barbiere!

venerdì 27 aprile 2012


«È stato il peggiore Barbiere di tutti i tempi tra quelli visti a Roma». Il lapidario commento del vicino di abbonamento talvolta può essere un buon incipit per una recensione. 

Lo sembra essere nella fattispecie di questa rappresentazione vista in prima assoluta italiana al Costanzi lo scorso 18 aprile. D'altronde il giorno dopo si notava un segno che confermava il non essere il commento di suddetto vicino lontano dalla verità: la mancanza della solita articolessa laudatoria sulle pagine del compiacente "Messaggero". Va salvato solo il maestro, direttore d'orchestra Bruno Campanella, di qualità indiscussa sempre e comunque, che in un'intervista involontariamente profetica di ben quindici minuti, rilasciata pochi giorni prima a una tv web, evidenziava le insidie di quest'opera: «Se uno non la fa allegra con brio, quasi travolgente, rischia di annoiare il pubblico». Uno si immaginava che fossero state prese adeguate eventuali contro misure ma così non è stato.

Non per colpa sua, anzi, ma per la pochezza dell'orchestra, lentissima nell'esecuzione, e per le voci di tutti i cantanti, che ci hanno messo una buona cinquantina di minuti prima di scaldarsi. All'inizio era quasi difficile udire i pur ben chiari dialoghi in italiano voluti da Rossini. Un fiasco per una prima del Barbiere d'altronde non è una novità. Anzi forse una regola, se non una maledizione, che accompagna l'opera in questione dalla sua nascita. Quasi tutti sanno, infatti, che la prima rappresentazione del Barbiere, il 20 febbraio 1816, al Teatro Argentina, fu un fallimento totale, anche per il boicottaggio interessato dei fan di Paisiello. E pare che Rossini, che era solito avvisare la madre per lettera recapitata da un messo dell'esito delle prime, quella volta gli abbia fatto pervenire un biglietto con sopra disegnato un bel fiasco. All'epoca, il solo annuncio che Rossini stesse preparando una nuova versione del Barbiere di Siviglia aveva suscitato non poche polemiche, anche in considerazione del fatto che in quei giorni il grande compositore Giovanni Paisiello era ancora vivo. Il fiasco della prima fu però riscattato immediatamente dal successo delle repliche e l'opera di Rossini finì presto per oscurare la precedente versione di Paisiello, divenendo ad oggi una delle opere più rappresentate al mondo. Cosa che dubitiamo possa avvenire per questo nuovo allestimento presentato il 18 aprile al teatro dell'Opera di Roma. D'altronde, la poetica rivoluzionaria del sogno di una nuova società, alle radici della commedia del francese Beaumarchais, nell'opera buffa rossiniana coinvolgeva i protagonisti in un intreccio musicale e drammaturgico perfetto, con il gioco degli equivoci abilmente costruito dall'irriverente barbiere-factotum fino allo scioglimento finale, il disvelamento del conte D'Almaviva. Per la precisione, il contralto Geltrude Righetti Giorgi fu la prima Rosina della storia mentre il ruolo del D'Almaviva fu affidato al grande tenore spagnolo Manuel García.

Tornando ai giorni nostri, vanno ricordate, nella categoria dello spirito delle "ultime parole famose", le dichiarazioni trionfalistiche della vigilia messe on line dal sito dell'Opera: «Nell'allestimento del Barbiere di Siviglia - aveva detto il regista Ruggero Cappuccio - metterò in scena Gioachino Rossini, la regia si concentra sulle notti febbrili del grande compositore che a soli ventiquattro anni scrisse un capolavoro destinato ad attraversare i secoli con travolgente vitalità. Un giovane attore, infatti, impersonerà Rossini alle prese con il suo tumulto creativo, mentre lo spettacolo diventa una soggettiva giocosa e malinconica sviluppata dall'angolazione del musicista. Nel Settecento sospeso, creato dallo scenografo Carlo Savi e dal costumista Carlo Poggioli, Rossini determina le azioni dei suoi interpreti, come posseduto dagli spiriti che animano il suo melodramma buffo e geniale». Parole che purtroppo sono state smentite dai fatti: questo Barbiere era quasi inguardabile proprio a partire dalle scene.

Va anche detto che a Roma, e segnatamente  al teatro Costanzi, si sono  conosciute stagioni migliori di quella attuale e migliori programmazioni. Nonché migliori allestimenti del Barbiere. Che non è stato recensito nemmeno dai due autori de "la Barcaccia", programma radiofonico "cult" su Radio tre in materia di lirica e dintorni. Su Facebook il lapidario commento di Enrico Stinchelli (che insieme a Michele Suozzo da oltre 20 anni anima la trasmissione) è stato questo: «Non siamo stati invitati, per cui non ce ne occupiamo». In compenso se ne sono "occupati" i loro fan che con commenti salaci sul social network, hanno distrutto senza sé e senza ma il Barbiere incriminato. Quest'anno, all'Opera, sinora si è salvato solo il Macbeth, che però viene rappresentato una volta ogni 20 anni per motivi di superstizione. D'altronde il fallimento del contesto generale a volte si nota dai particolari, e un capo ufficio stampa che rifiuta con arroganza a un giornalista de "L'Opinione" un programma di sala (che serve per lavoro) da dieci euro, «per limitare i costi di gestione», si può vedere solo a Roma di questi tempi. Deludenti, come si accennava, anche le scene di Carlo Savi e i costumi di Carlo Poggioli. Tutto scontato, tirato via, noioso. Un vero disastro, specie per chi ama quest'opera come una delle più belle e non solo di Rossini, ma di tutta la lirica in generale. 

Il "Barbiere di Siviglia" è un'opera buffa, nomen omen e absit iniuria verbis, ma ormai al teatro dell'opera di Roma, come nella metà degli enti lirici italiani, non c'è proprio più un bel niente di cui ridere. E gli abbonati ogni anno fanno un vero e proprio atto di fede nel rinnovare i propri posti a simili prezzi e di fronte a così basse qualità di spettacoli.


di Dimitri Buffa