È ora di liberarsi del 25 aprile

mercoledì 25 aprile 2012


Dino Cofrancesco convince ed ha ragione. Il 25 aprile, come festa civile, laica, nazionale ha fatto il suo tempo e dovrebbe essere abolita. È dopotutto il doppione del 2 giugno. Certo, ha il fascino di collocarsi temporalmente dappresso al primo maggio, permettendo, per chi può, ghiotti ponti festivi. È giusto il ponte, probabilmente, che dà valore al 25 aprile.

Per trarre da questa conclusione un qualche aspetto pratico, nel senso della costruzione di una proposta politica, come esorta a fare Cavallotti, dunque si potrebbe e dovrebbe trovare il modo di abrogare tale ricorrenza; o almeno proporsi di farlo. A chi rivolgersi? Ovviamente al popolo dei moderati, come ultimamente vengono descritti gli eredi della balena bianca democristiana ed affini. A molti però sembrerebbe di essere come sciolti nell'ampia pozza indistinta di indifferenza, noia ed ignoranza. Su queste pagine Federico Punzi si è arrabbiato con chi, evidentemente il vertice Pdl, usa continuamente l'espressione "moderati". Ha completamente ragione: i moderati (che poi sarebbero quelli del centrodestra) non costituiscono un topos politico, se non per quell'indole compromissoria che non vorrebbe mai inimicarsi alcuno, potendo con tutti alla fine trattare. Poiché gli estremisti (o forse i convinti delle loro idee), sono spesso un po' matti, sarebbe, secondo l'idea moderata, sempre bene imbonirli appunto con la moderazione. Intesi così i moderati appaiono la caricatura centrista di diverse figure dai cattolici ai bottegai. Chiaro che Punzi rifiuti questo tipo di denominazione politica. Non gli sfuggirà, d'altronde, che si tratta di una definizione spesso obbligata, data la difficoltà di collocazione del centrodestra. Che si sia ricchi o poveri, non è male dire di essere di sinistra. Al contrario, affermare di essere di destra spesso può essere imbarazzante, equivocato, male interpretato. Troppa vulgata è stata sparsa e per troppo tempo su ogni cosa avesse sapore di destra, per non lasciare un forte ristagno mal olezzante, rugginoso, sì, ma stabile nelle coscienze. Il Pdl partecipa dei popolari europei: si può dire dei suoi elettori e quadri che siano tutti figli di Don Sturzo?

A ben guardare, poi, le difficoltà italiane si ritrovano in Francia, Olanda, Ungheria, in tutt'Europa. Tutte le formazioni di destra e centrodestra faticano a definirsi. Sono ormai un melting pot di persone di provenienze diverse, dal liberalismo, dalla socialdemocrazia, dal nazionalismo, che molto spesso si rinfacciano le origini. Sono i più giovani, i più saggi, ad avere chiaro che di per sé tali correnti di pensiero sono affreschi del passato, bellissimi ma inutilizzabili nei nuovi contesti, se non a pezzi e a seconda delle occasioni. Così Punzi ha ragione ma Alfano per praticità dirà ancora "noi moderati".

Invece l'idea di cancellare il 25 aprile non è per niente moderata, anzi, è una bella provocazione per tutti gli epigoni vecchi e nuovi di sinistra. Eppure il 25 aprile è solo un relitto ideologico, buono come ponte festivo. Il ponte politico, invece, la mediazione tra diavolo ed acqua santa, quest'arte moderata, furono presenti fino all'ultimo prima del 25 aprile '45, per evitare la definitiva resa dei conti ed il proseguimento della sanguinosa vendetta politica, anche all'indomani della fine della guerra. Fu proprio un liberale, e partenopeo, Cione che s'inventò anche una rivista detta "Il Ponte", tutta dedita a rappacificare moderatamente, mentre s'ammazzavano crudamente, fascisti ed antifascisti. Si muoveva in ambito crociano, come solo i crociani sanno fare, pronti, se ce ne fosse bisogno, a ricevere sconfessione e scomunica da parte di Benedetto Croce, che moderatamente, aveva proseguito, da liberale, il suo impegno antifascista durante il ventennio, senza mai allontanarsi da casa. Narrano le cronache che Cione aveva stretto dei contatti con l'entourage di Giovanni Gentile che invece era tutto d'un pezzo, sempre liberale ma al di là della linea gotica. Cronache ancora sussurrano che, per evitare il sodalizio Croce-Gentile e l'approachment dei due grandi hegeliani, sempre pronti a smentire la definizione, i gappisti ammazzarono il filosofo toscociciliano in bicicletta.

Ecco cosa possono provocare, ed a loro insaputa e senza colpa i moderati. Dunque per realizzare l'obiettivo di cancellare i ponti festivi e comportamentali del 25 aprile non si deve essere moderati. Il che costringe, con grande rispetto, a fare qualche osservazione a Cofrancesco: egli ripete l'espressione "liberaldemocratici" svariate volte in contrapposizione ai fautori del 25 aprile partigiano. Egli sa, meglio di chi scrive, che liberaldemocratici è un'allocuzione centauro, figlia di tempi in cui si dice democratico come a conferire il Doc autorizzativo ideologico. Molto tempo fa i liberali erano sinonimo di notabili. Anche oggi però gli uomini dei poteri forti non sembrano da meno. Ci sono liberali ad oltranza per la concorrenza, tranne quando riguardi la corporazione professionale. Ce ne sono altri che identificano il liberalismo con meno leggi, altri con più leggi; con meno controlli oppure con più controlli; alcuni rifuggono i finanziamenti, altri difendono le arti liberali e la cultura, bisognosa dei danari degli ignoranti. Esattamente come nelle altre scuole di pensiero, ci sono liberali di tutti i tipi. Essendo in genere dotati di vasta preparazione e di talenti, hanno però la caratteristica di essere pochi. Quando le loro argomentazioni scendono nella massa, perdono di qualità, si fanno conservatorismo, populismo, reazione.

D'altronde abolire una festa, che per parecchi è cosa sacra e che come festività è cosa buona per i più in quanto tale, ha bisogno di un sostegno di massa. Aiuto verrà dalle vittime del 25 aprile e dagli ambienti fascisti: non c'è da attendersi molto, visti gli scarsi risultati ottenuti dal tema foibe, che pure era questione vinta in partenza. È finita sotto Pisapia, con gli opuscoli negazionisti nelle scuole ambrosiane. Aiuto verrà dai cattolici, ma moderato, perché preti ed affini (tra cui uno che giovanissimo ne fece fare fuori sette) parteciparono del sangue, con buona pace del prete martire Fabrizi di Roma città aperta. Supporto potrà venire dal mondo socialdemocratico, che da quando si sente come diasporato in patria, soffre per tutti gli sconfitti della storia; ma fino ad un certo punto.

L'ultimo socialista buono, il presidente antipolitico ed antipartitico ante litteram Sandro Pertini fu, diciamo, un bel combattente che non si tirò indietro davanti alla mattanza. Allora, per riuscire nell'impresa indicata da Cofrancesco, bisogna vedere il 25 aprile per quello che è: un nulla. Poiché fu nullo il peso della guerra civile neri-rossi nel conflitto mondiale e fu nullo il ruolo italiano tra due eserciti occupanti, di cui uno più amabile perché più velocemente metteva fine all'agonia. Il rischio di togliere investitura popolare alla Repubblica è oggi risibile. Si può ben riconoscere che tutto un mito resistenziale venne creato per dare un background ai partiti dell'esilio. Non eravamo nelle condizioni di un Irak europeo, con i nostri religiosi chiamati, muezzin occidentali, a prendere il posto dei seguaci di Batah poiché nessuno dava retta ai liberali d'alto profilo come Sforza? Bisogna allora vedere la continuità del periodo fascista con monarchie e repubbliche ante e precedenti e illuminarla come culmine della maggioranza delle idee risorgimentali. 

Se il Risorgimento, fatto da liberali, fu buono, qualcosa di decente c'era anche nel fascismo che ne è figlio in tanta parte. Esattamente come boulangismo, bonapartismo e gollismo sono attraversati da un fil rouge. Non si può sempre perdonare nella grande potente democrazia "che ha gli anticorpi" ciò che invece si condanna violentemente nelle piccole, solo perché la prima ha la forza di imporsi comunque. Bisogna ammettere di avere sbagliato di credere ai miti fabbricati ad arte con perizia da ochrana e Zdanov, di avere fatto onorare l'autore della strage di via Rasella, di avere fatto commemorare ai sindaci di una parte e dell'altra i fatti di sangue neri e rossi che ancora, incredibilmente, mantengono attualità in tante menti. 

Quando gli hooligans di squadre diverse si scontrano e muoiono, non c'è commemorazione che tenga. I motivi politici dello scontro non avevano già senso 70 anni fa, immaginarsi ora, Dunque il tema della memoria dovrebbe essere esaminato come un contributo, magari involontario, al terrorismo ed all'hooliganesimo. Ed i suoi fautori, anche quando amanti di autori liberali, isolati, non riconosciuti come attendibili, non stimati, non invitati. C'è dunque una via per liberarci del 25 aprile e con essa dell'inganno dello scontro infinito tra guelfi e ghibellini.


di Giuseppe Mele