L'idem sentire di Mozart

domenica 1 aprile 2012


Facile la battuta, "un flauto magico ma non troppo", per descrivere gli eventi della prima della celeberrima opera di Mozart che più di ogni altra descrive l'idem sentire massonico del grande musicista. Dopo i due allestimenti fotocopia del 2001 e del 2004, diretti dal bravissimo Gelmetti, stavolta è arrivato quello della Royal Opera House. Con il regista David Mc Vicar a dare il meglio di sé, lui sì riuscendoci. Conteso poi nel parterre dell'Opera durante il consueto lunghissimo intervallo tra il primo e il secondo atto. Tanto che è stato proprio il quotidiano del generone romano Il Messaggero a sottolineare, nel consueto pezzo di costume del giorno dopo, più la qualità degli astanti, da Giuliano Ferrara ad Alberto Arbasino passando per Franco Bernabè, che quella dei cantanti.

Ma che qualcosa potesse non andare per il verso giusto già alla prima c'era sentore fin dall'inizio, ritardato di quasi mezz'ora, per non meglio specificati problemi tecnici. Per non parlare dei vistosi buchi di pubblico tra i palchi e anche in platea. Ma questa magari è la categoria dello spirito della guerra preventiva dei melomani ai nuovi allestimenti. Certo il sovrintendente Catello De Martino, il direttore artistico Alessio Vlad e chissà, forse persino il direttore onorario a vita Riccardo Muti, su questo nuovo allestimento del "Flauto magico" ci devono avere puntato molto. E magari non devono avere pensato che l'esecuzione molto lenta del maestro Erik Nielsen avrebbe contrariato non poco quelli del loggione che a un certo punto, verso la fine del primo atto, hanno inondato con fischi e buuu l'immaginario un po' assopito del pubblico. Anche le voci del tenore Juan Francisco Gatell e del soprano Hanna Elisabeth Müller, cioè Tamino e Pamina, non erano affatto entusiasmanti, diciamo passabili.

Eppure sin dall'inizio della serata, ancora prima di entrare nel surriscaldato teatro dell'Opera di Roma, si notava quell'atmosfera tesa dei grandi eventi di cui non si è sicuri che siano poi così grandi. Come il cortese pressing di un capo ufficio stampa che chiede al cronista se ha con se delle recensioni da mostrargli di precedenti prime dell'opera, prima di consegnargli il programma di sala. Piccole cose se vogliamo, ma che contribuiscono a dipingere un quadro di insieme. Un attesa un po' angosciante di una ripresa che per questo teatro lirico romano sembra essere sempre rimandata.

D'altronde quando un ente siffatto, in perenne perdita economica, si ostina a mantenere nel proprio board personaggi retrò come Bruno Vespa e a tentare impossibili melange con neo arrivati al capolinea della politica come l'attuale sindaco Gianni Alemanno, i risultati non possono essere che questi. Gli abbonati, che sono il vero zoccolo duro dell'impresa visto che rinnovano ogni anno a dispetto di stagioni sempre molto discutibili, hanno ancora in mente le polemiche con Muti di inizio anno. E alla fine di spettacoli riusciti a metà come il "Die zauberflote" del 2012 si meravigliano sempre di essere rimasti fedeli alla lirica. Pensando pure che forse la profezia dei Maya per l'anno in corso riguardi proprio il teatro dell'Opera di Roma.


di Dimitri Buffa