Pagina 5 - Opinione del 23-8-2012

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da mantenere i cittadini nel buio
circa i costi reali delle loro politi-
che, sono stati cacciati in modo
sommario dai loro rispettivi posti
di governo. E Stati che, come il
Belgio e specialmente la Francia e
l´Olanda, fino ad ora erano appar-
si sempre immuni dalla necessità
delle riforme, vengono forzati a ri-
considerare i fondamentali dei vo-
lumi delle loro politiche di spesa
pubblica e della situazione reale
del loro tanto amato stato sociale.
Questo é oramai evidente a tutti,
grazie alla struttura monetaria in-
trodotta con l’euro, e così dovreb-
be essere vista con eccitazione e ri-
nata gioia da tutti i campioni
dell´economia della libera impresa
e del governo minimo. Dal mo-
mento che sarebbe estremamente
arduo concepire come tali misure
possano essere intraprese in un
contesto di moneta nazionale e di
cambi flessibili: ogni volta che pos-
sono i politici rigettano le riforme
impopolari e tutto ciò che com-
porta sacrificio e disciplina da par-
te dei propri cittadini. Da qui, in
assenza dell’euro, le autorità avreb-
bero di nuovo intrapreso quello
che è sempre stato il cammino nor-
male, ovvero la fuga attraverso
una maggiore inflazione, la svalu-
tazione della moneta locale per ar-
rivare alla “piena occupazione” e
riguadagnare competitività nel bre-
ve termine (coprendosi le spalle e
nascondendo la grave responsabi-
lità dei sindacati come i veri gene-
ratori della disoccupazione) e in
breve, rimandare indefinitamente
le necessarie riforme strutturali.
Concentriamoci ora su due
aspetti significativi sull’unicità
dell’euro. Li contrasteremo en-
trambi con il sistema delle monete
nazionali legate tra loro con i cam-
bi fissi e con quello dello stesso
gold standard, iniziando con
quest’ultimo. Dobbiamo però no-
tare come abbandonare l’euro oggi
sia molto più complesso che ab-
bandonare il gold standard ieri. In-
fatti le monete legate all’oro rite-
nevano la loro denominazione (il
franco, la sterlina, etc. etc.) e così
fu relativamente facile, durante tut-
ti gli anni Trenta, disancorare que-
ste dall’oro fino a quando gli agen-
ti economici, così come indicato
dal teorema di regressione di Mises
formulato nel 1912 (Mises 2009
[1912], 111-123), continuavano
ad usare la moneta nazionale sen-
za interruzione, sebbene non fosse
più scambiabile con oro, confidan-
do sul potere di acquisto della mo-
neta pari a quella che aveva giusto
prima della riforma. Oggi questa
possibilità non esiste per quei paesi
che desiderano, oppure sono ob-
bligati, ad abbandonare l’euro. Da-
to che è l’unica moneta accettata
da tutti i paesi dell’unione mone-
taria, il suo abbandono richiede
l´introduzione di una nuova mo-
neta con un minore e sconosciuto
potere di acquisto, moneta che
provoca necessariamente l’emer-
sione di immense distorsioni che
il cambio comporterà per tutti gli
attori del mercato: debitori, credi-
tori, investitori, imprenditori e la-
voratori. Almeno in questo speci-
fico senso e dal punto di vista dei
teorici Austriaci, dobbiamo am-
mettere che l’euro sorpassa il gold
standard e che sarebbe stato molto
utile per l’umanità se negli anni
Trenta i differenti paesi coinvolti
fossero stati obbligati a stare nel
gold standard, perché, così com´è
oggi con l’euro, ogni altra alterna-
tiva sarebbe stata praticamente im-
possibile da adottare e avrebbe ov-
viamente provocato danni e
sofferenze molto maggiori.
Da qui, per certi versi è affasci-
nante (nonché patetico) notare co-
me le legioni di ingegneri sociali e
di politici interventisti, i quali, gui-
dati in passato da Jacques Delors,
progettarono la moneta unica co-
me un ulteriore strumento da uti-
lizzare per la grandiosa costruzione
dell’unione politica dell’Europa,
ora osservino con disperazione
qualcosa che non avrebbero mai
immaginato: l’euro é di fatto un
gold standard che disciplina i cit-
tadini, i politici e le autorità e che
lega le mani ai demagoghi, espo-
nendo i gruppi di pressione (gui-
dati dagli infaticabili privilegiati
sindacati) e perfino mette in que-
stione la sostenibilità e le fonda-
menta dello stato sociale. Secondo
la scuola Austriaca, questo é esat-
tamente il principale vantaggio
comparativo dell’euro come stan-
dard monetario in generale, e con-
tro il nazionalismo monetario in
particolare, questo e non altri pro-
saici argomenti come “la riduzione
dei costi di transazione” o “l´eli-
minazione del rischio di cambio”
che vennero all’epoca sbandierati
dall’immancabile corta veduta de-
gli ingegneri sociali del momento.
Ora passiamo a considerare la
differenza tra l’euro ed un sistema
a cambi fissi rispetto ai processi di
aggiustamento che avvengono
quando diversi gradi di espansione
creditizia si verificano in paesi dif-
ferenti. Ovviamente, in un sistema
di cambi fissi, queste differenze si
manifestano in sostanziali tensioni
sui cambi che eventualmente ter-
minano con esplicite svalutazioni
e alti costi in termini di perdita di
prestigio che, fortunatamente, ven-
gono trasferiti sulle corrispondenti
autorità politiche. Nel caso di una
moneta unica, come l’euro, queste
tensioni si manifestano in gene-
rale nella perdita di competitività,
che può essere recuperata solo
con l’introduzione di riforme
strutturali necessarie a garantire
la flessibilità del mercato, insieme
alla deregolamentazione di tutti
i settori e la riduzione e gli aggiu-
stamenti necessari della struttura
dei prezzi relativi.
Ancora, tutto questo termina
influenzando i ricavi del settore
pubblico, quindi il rating del suo
credito. Infatti, sotto le presenti
circostanze, nell’area euro, il valore
attuale nei mercati finanziari di
ogni debito sovrano è andato ri-
flettendo le tensioni tipiche delle
crisi in regime di cambio fisso,
quando i rapporti di cambio di
ogni moneta nazionale erano bene
o male fissati; per cui, a questo
punto, il ruolo centrale non è più
dello speculatore monetario inter-
nazionale ma delle agenzie di ra-
ting e, specialmente, degli investi-
tori internazionali che, comprando
o no il debito sovrano, disciplina-
no e determinano il destino di ogni
paese. Questo processo potrà es-
sere definito “anti-democratico”,
ma è infatti l´esatto opposto. Nel
passato, la democrazia soffriva
cronicamente ed era corrotta dalla
politica irresponsabile fondata sul-
la manipolazione monetaria e sul-
l’inflazione, una tassa occulta de-
vastante che veniva imposta fuori
dal parlamento a tutti i cittadini
in modo graduale, nascosto e con-
torto. Oggi, con l’euro, il ricorso
alla tassa dell´inflazione è stato fer-
mato, almeno a livello di singolo
paese ed improvvisamente i politici
sono stati scoperti ed obbligati a
dire la verità e ad accettare la cor-
rispondente perdita di prestigio.
Da qui la successiva caduta dei go-
verni dell’Irlanda, Grecia, Porto-
gallo, Italia, Spagna e Francia, che
ha dimostrato l’esatto contrario di
una caduta di democrazia e che in-
vece ha manifestato un elevato li-
vello di rigore, trasparenza di bi-
lancio e salute democratica che
l’euro sta incoraggiando in ogni
rispettiva società.
4. L’eterogenea coalizione “anti
euro”
Sarebbe interessante e molto
illustrativo se dovessimo, ora, an-
che solo brevemente, commentare
la varia e disparata amalgama di
nemici dell’euro. Questo gruppo
include nelle sue fila elementi così
diversi tra loro come dogmatici
di estrema destra, nostalgici o in-
flessibili keynesiani come Krug-
man e Stiglitz, monetaristi che so-
stengono i tassi flessibili di
cambio, come Barro e altri, soste-
nitori ingenui della teoria delle
arie valutarie ottima di Mundell,
sciovinisti terrorizzati dal dollaro
(e della sterlina) e in breve, la le-
gione di disfattisti confusi che “di
fronte all’imminente scomparsa
dell’euro” propone la “soluzione”
di farlo saltare in aria e abolirlo
il più presto possibile.
Forse l’esempio più chiaro (o
meglio, la più convincente prova)
del fatto che Mises avesse comple-
tamente ragione nella sua analisi
in materia degli effetti dei tassi di
cambio fissi, specialmente del Gold
Standard, sulla demagogia politica
e sindacale sta nel modo in cui i
leader dei partiti politici di sinistra,
i sindacalisti, gli opinionisti “pro-
gressisti”, gli indignati contro il si-
stema, i politici di estrema destra
e, in generale, tutti gli appassionati
della spesa pubblica, dei sussidi
statali e dell’interventismo si ribel-
lano apertamente e direttamente
alla disciplina che impone l’euro
e, in particolare, alla perdita di au-
tonomia nella politica monetaria
di ogni paese e a ciò che questo
implica: la tanto vituperata dipen-
denza dai mercati, dagli speculatori
e dagli investitori internazionali
quando si tratta di essere in grado
(o meno) di vendere il crescente
debito pubblico richiesto per finan-
ziare i continui deficit. Basta uno
sguardo agli editoriali dei giornali
più di sinistra [12] o una lettura
delle dichiarazioni dei politici più
demagoghi [13] o dei sindacalisti
di punta, per osservare che è così
e che oggi, proprio come nel 1930
con il gold standard, i nemici dei
mercati e i difensori del socialismo,
dello stato sociale e dei sindacati
stanno protestando all’unisono, sia
in pubblico che in privato, contro
la “rigida disciplina che l’euro e i
mercati finanziari stanno imponen-
doci” e stanno chiedendo la mo-
netizzazione immediata del debito
pubblico, senza alcuna contromi-
sura sotto forma di austerità di bi-
lancio o riforme che aumentino la
competitività.
Traduzione di
Francesco Simoncelli,
Antonio Manno,
Nicolò Signorini e Luigi Pirri
2/continua
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CULTURA
II
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 24 AGOSTO 2012
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