Snapchat punta a Wall Street

Morgan Stanley, Goldman Sachs e JP Morgan, ma anche Deutsche Bank, Barclays, Credit Suisse e Allen & Company.

È una vera cordata di grandi banche quella messa insieme per curare la maggiore Ipo (initial public offering) dal 2014, quando a battere ogni record fu il colosso cinese Alibaba, che al suo debutto a Wall Street aveva raggiunto un valore di 168 miliardi di dollari. Questa volta è Snap Inc., società a cui fa capo Snapchat, a tentare la scalata in Borsa. La quotazione, prevista per i primi di marzo, potrebbe arrivare a un valore pari a circa 25 miliardi di dollari, vale a dire 13 milioni per dipendente.

Nella documentazione depositata lo scorso novembre all’Autorità americana per il controllo sui mercati, la Securities and Exchange Commission (Sec), e resa nota solo nei giorni scorsi grazie alla regola secondo cui alle aziende con meno di un miliardo di dollari di ricavi non è imposta la comunicazione pubblica, Snapchat viene presentata come una società di fotocamere che “permette alle persone di esprimersi, vivere il momento, conoscere il mondo e divertirsi con gli altri”.

Le quote saranno ugualmente divise tra i due fondatori che nel 2011 in un dormitorio dell’Università di Stanford diedero vita a una applicazione che in molti inizialmente criticarono, tacciandola di essere solo un mezzo per fare del “sexting”. Ciascuna del valore di circa 5,5 miliardi di dollari, le quote spetteranno quindi a Evan Spiegel, co-fondatore e amministratore delegato e Robert Murphy, co-fondatore nonché chief technology officer della società.

“La nostra raccolta pubblicitaria - si legge nella documentazione depositata al Sec - è ancora giovane ma sta crescendo rapidamente. Abbiamo subito una perdita operativa in passato, ci aspettiamo di incorrere in una perdita operativa nel futuro e potremmo non raggiungere mai o mantenere la redditività”. Malgrado nel 2016 gli utili siano schizzati a 404,5 milioni di dollari, quasi otto volte quelli registrati l’anno precedente, anche il rosso è aumentato, raggiungendo la cifra di 514 milioni di dollari, contro i 373 del 2015.

Una situazione complessa che ha già condotto la stampa americana a valutare la nuova quotazione come “insanely expensive” se non addirittura “suicidal”.

Ma la vera novità non è l’approdo alla Borsa di New York con il titolo “Snap”, bensì il fatto che per la prima volta la società venderà azioni al mercato senza alcun diritto di voto.

Immediata la reazione del Council of Institutional Investors (Cii), che venerdì scorso ha inviato una lettera ai due fondatori mostrando “preoccupazione per il progetto di Snap di quotarsi con una struttura che nega agli azionisti esterni qualsiasi voce nella società”.

Nel chiedere un incontro urgente per discutere della questione, il Cii ha aggiunto che “le società prive di una responsabilità effettiva crescono per un certo periodo, ma altre crollano e si bruciano, o altre ancora perseguono una strategia sbagliata per troppo a lungo”.

Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 03:04