Scelte convinte e responsabili

venerdì 29 marzo 2024


Al punto in cui siamo sconfinati occorre un doppio coraggio, un coraggio bifronte, il coraggio della pace, il coraggio del conflitto. Né la guerra o la pace sono disonorevoli e inaccettabili. Esistono circostanze appropriate sia per la guerra sia per gli accordi. Di assoluto vi è soltanto la morte. Quindi via le prolissità a considerare ingiustificata la guerra, ingiustificata la pace. Meno che mai affidarsi soltanto alle convinzioni. La convinzione deve porsi nel cerchio della responsabilità. La guerra è la prosecuzione della politica non l’annientamento della politica, e la politica è l’arte dei risultati non l’incornatura di un toro che attacca lo stendardo rosso. Sopra tutto non ingannare i popoli. La guerra uccide, e l’uccisione è la tragedia irrimediabile. Il criterio che non fare guerra è da vili si coniuga al criterio che fare la guerra irresponsabilmente è da assassini e suicidi. Anche la guerra, innanzitutto la guerra va posta, dicevo, nel segno della responsabilità, caso per caso. Vi sono guerre da fare senza perplessità, guerre da poter fare o non fare, guerre da non fare. La guerra da non fare in netta ripulsa è quella che insorge al di sopra della efficacia, delle conseguenze, per convinzione alla cieca o falsa motivazione.

Poniamo che vi siano interessi di gruppi a vendere armi, a tarpare le capacità commerciali altrui, costoro esasperano tinte nere del nemico, ne fanno un demonio, esaltano l’avversione, suscitano la guerra come necessaria, attivano la guerra. O si proclama il pericolo illusionistico di essere dominati. O di perdere la libertà. O che sia l’altro a volere la guerra e il dominio e noi ci difendiamo. Occorre valutare capillarmente ogni situazione. Non tutte le guerre contengono implicitamente quanto dichiarato esplicitamente, Queste condizioni si stanno realizzando? Stiamo usando il metodo cartesiano di analisi delle parti, sintesi, deduzione? Dico il metodo cartesiano ossia razionalistico giacché il metodo empirico è, sarebbe a posteriori, quindi fare la guerra o non farla e dopo considerare, osservare gli effetti. No. Dobbiamo valutare anche prima, a luce di logica le evenienze future tenendo vista alla realtà. I fatti, la Russia attaccando l’Ucraina attacca l’Europa?

Un accordo che mettesse fine alla guerra laggiù consegnando territori russofoni alla Russia, non rendendo l’Ucraina anti russa sarebbe sconfitta occidentale? La Russia “deve”, dovrebbe essere sconfitta per equilibrare secondo giustizia e legalità la situazione? Gli effetti della guerra quali potrebbero essere? Abbiamo effettivamente la capacità di convincere i nostri popoli alla guerra? D’altro canto, se non facciamo direttamente la guerra, continuando a consegnare armi e stabilire sanzioni riusciremo a contenere la Russia? Allora, è inevitabile l’immissione diretta dell’Europa nella guerra? E perché non anche degli Stati Uniti? E la Cina, l’Iran consentirebbero la catastrofe russa? E da parte diretta la Russia non si spingerebbe alla guerra finale pur di non venire sconfitta? Ma la guerra finale non sarebbe la guerra della fine dell’umanità? Ah, dunque saremmo vili al punto da evitare la guerra per tremore della fine? Ovviamente c’è sempre il richiamo alla guerra contro i nazisti: era un obbligo etico combattere.

Allora come oggi: allora, i vili che dubitavano se valesse morire per Danzica; oggi la stessa viltà sarebbe in coloro che dubitano valga la pena di morire in difesa dell’Ucraina. Vi sono coloro che negano radicalmente tale esposizione. Negano che l’Ucraina sia la nuova Danzica, negano che la Russia la si pareggi al nazismo e con mire sull’Europa, ritengono che è l’Occidente a voler dominare, impedire i commerci russi, e ampliando: considerano Israele inclinata ad eliminare la presenza palestinese più che di Hamas, per colonizzare di suo; che è l’Occidente a voler affliggere l’economia cinese; che è l’Occidente a non cogliere che non esiste soltanto l’Occidente; che è l’Occidente a non adeguarsi alla storia: che il mondo non riconosce all’Occidente il diritto di assegnare le carte nella partita del mondo. E, in conclusione, l’Occidente temendo lo sviluppo di Russia, Cina, India e quant’altro non ha che la guerra per frenarlo ma la guerra sarebbe l’omicidio-suicidio dell’umanità. Possibile che non vi siano progetti competitivi non mortiferi?

Possibile che l’Occidente non abbia che la guerra per sopravvivere rischiando di perire? O sono gli altri a volerci sconfiggere e noi siamo costretti a guerreggiare? Ancora siamo obbligati a tornare al metodo cartesiano: il dubbio metodico. Consiste: non formulare assiomi a priori, vale a dire: Sì, guerra! No, pace! Assolutizzando la pace e la guerra. Dubbio metodico: analizziamo, consideriamo, vagliamo tutti gli aspetti, traiamo convinzione dopo aver analizzato ogni tratto, tiriamo la conclusione, decidiamo, agiamo. Motivatamente e con la responsabilità che le nostre convinzioni sono rette dalla consapevole responsabilità del ragionamento non fondato soltanto per atto di fede. Come afferma un’ampia teologia, la fede si vincoli alla ragione. Laicamente: convinzione ma pure responsabilità. Convinzioni ma responsabilità delle proprie convinzioni. Il “credo e sento” sotto il criterio della responsabilità. Questa è politica. Diversamente stiamo nella religione. E la religione nella politica è fanatismo. Ma fondamentalmente, se la guerra e la pace sono entrambe accettate con onore, non dovremo rifiutare né la guerra ma neanche la pace. Rendiamole possibili. Il possibile reca sempre la possibilità di una soluzione.


di Antonio Saccà