Il presente (e il futuro) demografico dell’Italia: intervista a Maurice Pascal Ambetima

Guardando agli ultimi anni – caratterizzati da profonde crisi: sanitaria, sociale, economica – sembra che l’Europa stia diventando più vecchia (e si stia svuotando). Nel confronto con Stati più virtuosi dal punto di vista della natalità e delle politiche sociali verso le coppie, il nostro Vecchio Continente è in un momento di grave criticità; la Francia è il Paese dove si fanno più figli e destina più del 2 per cento del Pil alle famiglie. L’Italia, invece, in che condizioni si trova? Ne rifletto con Maurice Pascal Ambetima, dottorando in diritto internazionale alla Sapienza.

Uno degli aspetti più interessanti dell’ultima legge di Bilancio è l’incremento, in alcuni casi specifici, dell’assegno unico per le famiglie. Vista la sua attività, fatta anche di comparazioni con altre realtà nazionali, cosa ne pensa di queste politiche volte a incrementare la natalità?

Certamente in altre realtà nazionali – ogni riferimento alla Francia non è puramente casuale – tali politiche erano in auge da tempo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: i tassi di fecondità degli Stati in cui si è investito sotto questo aspetto sono quasi doppi rispetto a quelli italiani. L’innovazione dell’assegno unico, introdotto dal precedente Governo e potenziato da questo ultimo, sarà fondamentale per permettere a chi possiede la vocazione genitoriale di poter respirare con più serenità. Eppure potrebbe non essere abbastanza, sia in termini economici sia di approccio culturale delle giovani coppie, rispetto alla prospettiva familiare. 

La demografia è un aspetto che in Italia spesso viene trascurato. Secondo lei, com’è possibile che dal baby boom si sia passati all’attuale situazione?

Credo che tali cambiamenti siano da imputare a diverse variabili. Innanzitutto, la volontà delle donne di avviare una carriera professionale terminati gli studi, a ragione. In secondo luogo, un’incertezza sul futuro generalizzata che conduce molte coppie a considerare la prole come un’incombenza su cui occorre investire troppa responsabilità. In ultimo, un aumento progressivo, a scapito del valore del nucleo familiare, di una tendenza individualista ed edonista, che posticipa l’età della responsabilità dai 30 ai 40 anni. Sia chiaro: non ho nulla da biasimare alle persone che decidono di intraprendere un tale percorso. Il problema è che bisogna essere ben coscienti delle problematiche che soffriremo come società presa nel suo insieme. 

Una domanda sorge spontanea: gli italiani spariranno andando avanti di questo passo? Quali sono le conseguenze economiche e sociali di un calo demografico costante?

Le conseguenze sono facilmente prevedibili: se la maggior parte della popolazione un giorno raggiungerà l’età pensionabile e la minor parte pagherà tasse e contributi, ci dobbiamo aspettare il collasso del sistema socio-previdenziale. Per non parlare del nostro debito pubblico, che già ora è poco sostenibile, figuriamoci in una situazione di questo tipo. Saranno anni bui. Per quanto riguarda il discorso degli italiani come numero, occorre dire che se le coppie continueranno a seguire questo trend di natalità (al di là di politiche più o meno liberali sull’immigrazione) il rischio della quasi scomparsa nel lunghissimo periodo è un tema che prima o poi sarà oggetto di discussione. Molti Stati dell’Occidente si trovano in una situazione simile. Altri no. La differenza sta tutta in due aspetti: programmazione degli ingressi di immigrati adatti al mercato del lavoro nazionale (sembra brutto a dirsi così, ma è ciò che accade nelle maggiori economie mondiali); aiuti economici alle giovani coppie.

Come si ribatte a chi, dal suo canto giustamente, dice di non avere la vocazione genitoriale?

Non si ribatte nulla. Mi sembra in linea con l’idea che, nella nostra società moderna, ognuno si possa autodeterminare come meglio crede. Il punto è essere consapevoli che ogni scelta ha delle conseguenze tangibili. Insomma, speriamo che tra qualche anno non si riduca tutto alla formula “piove Governo ladro” e giù di lì. Anzi, auguriamoci il cambio di prospettiva sulla natalità, sebbene poco plausibile.

Aggiornato il 21 gennaio 2023 alle ore 14:15