Caso Cospito e 41 bis

Nel presentare la decina di tavole a fumetti che affrontano la questione di Alfredo Cospito, Zero Calcare va dritto al cuore della questione senza troppe perifrasi: Cospito, spiega, è un detenuto anarchico in sciopero della fame contro il regime di 41 bis; attualmente è in attesa di una sentenza che “pare costruita apposta per farlo morire in galera (ergastolo ostativo senza neanche un ferito)”. Assieme alla vicenda di Cospito, si affrontano “le questioni più generali su cosa significa il carcere in questo paese, a cosa serve e quali sono i confini con la tortura di Stato, aldilà di chi ci sta simpatico o antipatico”.

55 anni, anarchico, in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso, 27 chili persi. Recluso al 41 bis; protesta contro il regime carcerario e le condizioni detentive a cui è sottoposto dall’aprile 2022. È in carcere da oltre dieci anni (sei dei quali trascorsi in regime di alta sicurezza). Qualche mese fa il ministero della Giustizia ha stabilito che è “in grado di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell’organizzazione eversiva di appartenenza”. Per questo la decisione del regime di 41 bis. Fino alla scorsa primavera Cospito comunicava con l’esterno, inviando scritti e articoli, contributi alle riviste dell’area anarchica; riceveva corrispondenza, poteva usufruire di colloqui in presenza e telefonici, frequentare altri detenuti e la biblioteca del carcere. Ora le lettere in entrata sono trattenute. Non ha più accesso alla biblioteca d’istituto, può avere un solo colloquio al mese, nessuna telefonata. Gli avocati difensori sostengono che questo trattamento “si traduce in condizioni di detenzione ai limiti dell’inumano, nell’assenza di attività rieducative e nell’impossibilità di accedere alle misure alternative…una vera e propria deprivazione sensoriale”.

È il 2014 quando Cospito viene condannato a 10 anni e otto mesi: lo si ritiene responsabile del ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare; un attentato consumato a Genova due anni prima, rivendicato dalla Federazione anarchica informale. La procura di Torino, successivamente, avvia un’inchiesta, sempre a carico di militanti della Federazione anarchica informale, per reati commessi tra il 2003 e il 2016. Cospito è riconosciuto “capo e organizzatore di un’associazione con finalità di terrorismo”, e autore di un attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, vicino Cuneo: nella notte tra il 2 e il 3 giugno 2006 esplodono due ordigni a basso potenziale; non ci sono vittime o feriti; ma, si legge nella sentenza, solo per una fortunata casualità. Come sia, Cospito viene condannato a vent’anni di carcere. La Corte di Cassazione riformula l’originario capo di imputazione: non più “strage contro la pubblica incolumità”, ma “strage contro la sicurezza dello Stato”. Quanto basta per un nuovo processo d’appello. Il nuovo reato prevede l’ergastolo ostativo: niente più benefici per il detenuto, a meno che non decida di collaborare. Il ministero della Giustizia rincara la dose: Cospito mantiene contatti con l’organizzazione eversiva “dedita alla commissione di gravi delitti”. Il primo caso di “un anarchico che finisce al 41 bis”.

Così Cospito decide di dare attuazione a una forma di protesta che potrebbe concludersi con esiti drammatici; Cospito è deciso ad andare fino in fondo: “La condizione in cui mi tengono e la prospettiva che mi si rappresenta è quella di un lento morire, senza alcuna possibilità di uscire dal carcere. Se è così non vale la pena vivere”, ha detto al suo avvocato.
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha deciso che Cospito deve restare al carcere duro. Chissà se il ministro della Giustizia Carlo Nordio può (e vuole) fare qualcosa. Certo è singolare che qualcuno, sia pure un anarchico come Cospito, possa essere condannato all’ergastolo senza che si sia macchiato di reati di sangue, e che debba patire il 41 bis come un boss mafioso, non si capisce perché. Soprattutto, come convincere Cospito che forse “così non vale la pena di vivere”, ma che occorre essere vivi, perché la vita non sia più una pena?

Aggiornato il 21 dicembre 2022 alle ore 12:47