sabato 5 novembre 2022
L’introduzione del nuovo delitto di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica (articolo 434 bis del Codice penale) ha suscitato critiche, molte delle quali di dubbia fondatezza. Si impone una riflessione su un fenomeno, quello dei rave party, dagli effetti devastanti soprattutto sui più giovani e sull’adeguatezza della sanzione penale.
1) Il fatto – Negli ultimi anni è divenuta quasi una consuetudine, in occasioni di feste della collettività nazionale o, più in generale, durante il periodo delle ferie estive o invernali, l’invasione di edifici e terreni privati o pubblici da parte di migliaia di giovani in aperta violazione delle leggi penali: in particolare delle norme che vietano l’invasione dei terreni e degli edifici ex articolo 633 del Codice penale; il traffico degli stupefacenti; i danneggiamenti delle cose e dei beni altrui, anche aggravati dal fatto di verificarsi in occasione di manifestazioni che si svolgono in un luogo pubblico.
Le invasioni sono organizzate da piccoli gruppi di promotori che traggono vantaggi economici non irrilevanti da questi eventi, definiti rave party. Le modalità delle invasioni; la durata nel tempo degli assembramenti; il numero dei partecipanti, esorbitante rispetto alle possibilità di accoglienza dei luoghi invasi; lo smercio di droghe di ogni specie, anche di quelle definite come droghe per lo stupro; il suono assordante e ininterrotto di musica principalmente tekno, techno, goa, acid house, jungle, drum & bass o psy-trance; la privazione del sonno per più giorni; i fenomeni sanitari provocati da crisi di astinenza; la mancanza di igiene nella conservazione e nella distribuzione del cibo hanno costituito più volte fonti di pericolo concreto per l’incolumità e la salute pubblica, oltre che per l’ordine pubblico.
Le Forze dell’ordine sono state spesso costrette, a cagione delle modalità dell’organizzazione; del numero enorme dei partecipanti, spesso resisi per l’abuso di sostanze o per la privazione del sonno, incapaci di coordinare razionalmente le proprie azioni; del repentino sopraggiungere di carovane di giovani, non controllabili previamente per rispetto della libertà di circolazione, a rinunciare a ogni attività repressiva, consentendo pertanto la prosecuzione a discrezione dei partecipanti di eventi collettivi costellati dalla violazione seriale delle leggi penali.
Il Governo è intervenuto inserendo nel Codice penale un nuovo articolo di legge che prevede la sanzione penale per i casi in cui si verifichi l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. La norma intende impedire proprio l’organizzazione di questi rave party, che sono concretamente pericolosi per i beni, protetti costituzionalmente, dell’ordine e dell’incolumità pubblica nonché della salute pubblica. La pena prevista è differenziata per i promotori e gli organizzatori dei rave party, da un lato, e dall’altro, per i semplici partecipanti. Per i primi è prevista la pena edittale da tre a sei anni e la multa da 1000 a 10mila euro. Per i partecipanti è prevista la diminuzione della pena, senza la previsione di un limite minimo di pena. Il novellato articolo 434 bis, comma 3 del Codice penale dispone la confisca delle cose destinate a commettere il reato, nonché di quelle utilizzate per realizzare le finalità delle occupazioni.
2) Gli allarmi – Gli allarmi che da più parti sono stati sollevati per contrastare l’approvazione di tale norma non appaiono fondati.
Taluno ha detto che la norma entrerebbe in diretta collisione con l’articolo 17 della Costituzione, “affidando la selezione tra l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito (quello di riunione e manifestazione pubblica) e la consumazione di un gravissimo reato... a giudizi prognostici...” (Comunicato di Magistratura Democratica apparso in data odierna sul web). Altre critiche, simili alle precedenti, concernono la insufficiente determinatezza delle norme, che favorirebbe una discrezionalità inammissibile in sede di giudizio e, ancor più, in sede di assunzione delle misure repressive da parte delle autorità di polizia. Taluni hanno sostenuto la contraddittorietà dell’inserzione di una nuova fattispecie nel catalogo dei reati in un momento storico in cui sarebbe auspicabile una maggiore depenalizzazione dei reati. Taluni hanno parlato della irragionevolezza di politica criminale della nuova disposizione. Altri si sono doluti dell’eccessività delle cornici edittali di pena stabilite dal decreto legge. Altri infine hanno contestato l’intervento normativo tramite decreto legge, quasi che il governo si fosse mosso cavalcando irrazionalmente l’indignazione di una larga parte della popolazione per la celebrazione sempre più frequente di eventi di rave al fine principale di raccogliere un facile consenso popolare.
3) La normazione tramite decreto legge – Si tratta di una forma di intervento legislativo eccezionale che deve essere usata con parsimonia, soprattutto quando introduce disposizioni di carattere penale. È vero, però, che l’intensificarsi dei rave party in varie zone d’Italia, con il richiamo di moltissimi giovani dall’estero, rischia di fare del nostro Paese un luogo privilegiato per questo tipo di iniziative, che sono fomite certa non solo della commissione seriale di reati, ma che costituiscono altresì un pericolo per i beni costituzionali dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché della salute. A ciò va aggiunto che la scelta del luogo da parte degli organizzatori è spesso temeraria, perché non tiene conto né dei deficit di sicurezza degli edifici, magari abbandonati da molti anni, né dei limiti numerici di partecipanti che ogni tipo di evento deve prevedere in relazione alle circostanze di luogo e di tempo.
Si è dimenticato da parte di molti che tecnicamente questi tipi di assembramenti costituiscono veri e propri “spettacoli e trattenimenti pubblici”, che richiedono autorizzazioni e procedure a tutela della pubblica incolumità, che sono di competenza, dopo il fondamentale Decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 1977, numero 616, emesso nell’ambito dei trasferimenti delle funzioni amministrative dallo Stato agli Enti locali, delle Autorità di autonomia territoriale, in particolare del Comune del luogo ove si svolge l’evento.
Ma v’è di più. Per conferire pregnanza alla tutela della pubblica incolumità e, dunque, per assicurare una corretta applicazione delle norme relative alla verifica dell’agibilità in sicurezza delle aree destinate al pubblico spettacolo o trattenimento, è intervenuto il Decreto del Presidente della Repubblica del 28 maggio 2011, numero 311, articolo 4, comma 1 che ha istituito rispettivamente le Commissioni comunali e provinciali di vigilanza per le autorizzazioni di pubblico spettacolo o trattenimento. Per le manifestazioni temporanee con affluenza di pubblico inferiore alle 5mila persone è previsto un intervento preventivo della Commissione comunale di vigilanza; per quelle per cui è previsto un afflusso di pubblico superiore è previsto un intervento della Commissione provinciale inserita all’interno della Prefettura. Queste sono provvidenze fondamentali che la legge prevede per ogni pubblico spettacolo o trattenimento, in specie di carattere musicale o sportivo.
I rave party, che sono principalmente eventi di trattenimento musicale, si sono svolti e si svolgono in modo clandestino e in spregio totale delle disposizioni relative alla tutela della pubblica incolumità, in specie, ma non solo, dei partecipanti agli eventi, ma anche di tutti i cittadini. L’incertezza in ordine all’identità degli organizzatori, che si celano dietro l’apparente spontaneismo individuale, impedisce altresì l’accertamento delle responsabilità civili e penali in caso di incidenti; responsabilità che potrebbero ricadere sulle autorità di polizia che non hanno impedito la celebrazione di eventi oggettivamente pericolosi e, comunque, non autorizzati previamente e non verificati in ordine alle condizioni in sicurezza del loro svolgimento.
L’insieme delle ragioni che si sono brevemente esposte consente di ritenere la sussistenza di una urgenza indifferibile per intervenire con norme che colmino un vuoto effettivo di tutela per l’incolumità della collettività. L’intervento tramite decreto legge non sembra, pertanto, aver violato alcun principio costituzionale. Va aggiunto inoltre che il decreto legge è sottoposto al vaglio delle due Camere parlamentari, le quali potranno apportare tutte le modifiche necessarie al testo nella logica della partecipazione democratica di tutte le forze politiche all’elaborazione di testi normativi cruciali per l’ordinata vita civile.
4) La supposta collisione con l’articolo 17 della Costituzione – Mi pare assai difficile che si possa ipotizzare un rischio, anche soltanto remoto, di collisione della nuova norma con l’articolo 17 della Costituzione. I cittadini, infatti, hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi per l’esercizio dei loro diritti costituzionali, tra cui soprattutto ricorre il diritto di manifestare collettivamente il loro pensiero, anche in maniera accesa e conflittuale con le decisioni e gli orientamenti del Governo e del Parlamento.
I rave party sono eventi di trattenimento, che rientrano in una disciplina particolare, ritenuta conforme alla Costituzione dall’importante sentenza della Corte costituzionale numero 77/1987 e che nulla hanno in comune con il diritto di riunione di cui all’articolo 17 Costituzione, in quanto propongono problemi di sicurezza e di tutela dell’incolumità individuale del tutto peculiari.
In ogni caso i critici dell’articolo 434-bis dimenticano che l’articolo 17 prescrive al 3 comma che “Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato avviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica”.
I rave party, invece, sono organizzati clandestinamente proprio allo scopo di evitare il controllo delle autorità in ordine alle condizioni di sicurezza e di incolumità pubblica in cui qualsiasi manifestazione, anche e soprattutto di trattenimento, deve svolgersi.
L’esperienza, poi, e non una presunta ideologia securitaria, dimostra che la celebrazione dei rave party costituisce l’occasione, come già accennato, della commissione di un numero indeterminato di reati, sul presupposto necessario del compimento del reato di invasione illecita di edifici o terreni altrui, che costituisce condizione sine qua non della stessa celebrazione dell’evento. L’esperienza ha pure dimostrato i gravi rischi per la salute di non pochi partecipanti ai rave party, che sono il luogo ideale per lo “sballo” di molti di loro. La privazione del sonno per più giorni, la precarietà dell’alimentazione e l’assordante e ininterrotto suono della musica costituiscono altresì rischi per la salute, bene che lo Stato ha il dovere costituzionale di tutelare ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione.
5) La presunta indeterminatezza della fattispecie – Al riguardo vale anzitutto osservare che la gran parte dei delitti contro l’incolumità pubblica – e l’articolo 434-bis è correttamente collocato nella categoria di tali delitti – sono strutturati tramite l’evento di pericolo e non tramite l’evento di danno, in ragione dell’assoluta necessità che la comunità civile sia preservata da comportamenti obiettivamente e sicuramente pericolosi per beni di rilievo costituzionale. E non vi è dubbio che i rave party, che l’esperienza ha consentito di conoscere dal vivo a tutti i cittadini, mettono in pericolo effettivamente i beni dell’incolumità e della salute pubblica. Ci si trova, dunque, in un territorio del tutto estraneo alla libertà costituzionalmente garantita di riunione e manifestazione pubblica; differenza che chiunque è in grado di cogliere empiricamente tramite la percezione diretta della realtà.
Perciò, parlare di indeterminatezza della fattispecie è asserto fallace.
Tre sono gli elementi portanti della fattispecie: a) l’invasione arbitraria di terreni altrui pubblici o privati, che già costituisce reato ai sensi dell’articolo 633 del Codice penale. Tale reato è punibile a querela della persona offesa nella configurazione semplice con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 103 a 1032 euro (comma 1); nella configurazione aggravata, che si realizza quando il fatto è commesso da più di cinque persone ovvero da persona palesemente armata, è perseguibile d’ufficio ed è punibile con la pena da 2 a 4 anni e della multa da 206 a 2064 euro (comma 2). Se il fatto, poi, è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata (comma 3); b) Il numero delle persone che compiono l’invasione, che deve essere superiore a 50; c) Lo scopo di organizzare un raduno da cui possa “derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.
Parlare di indeterminatezza della fattispecie quando il suo primo elemento è costituito da un fatto di reato, è veramente incongruo.
Gli altri elementi qualificano a sufficienza tanto la gravità oggettiva dell’invasione, ben più intensa di quella già oggi punita all’articolo 633 comma 2 del Codice penale, in ragione del numero elevato degli invasori; quanto lo scopo, che denota una specifica offensività del fatto nei confronti di beni non più soltanto individuali, ma della collettività intera. L’invasione degli edifici o dei terreni, già di per sé penalmente antigiuridica, è, infatti, qualificata dall’offensività in termini di pericolo concreto nei confronti di beni della collettività.
6) La razionalità della norma da punto di vista della politica criminale – Gli episodi successi in tempi precedenti hanno dimostrato l’impotenza delle Forze dell’ordine nel porre termine a un’attività permanentemente illecita intensamente connotata da pericoli per la collettività. Infatti, il numero molto elevato dei partecipanti ai rave party rende impossibile tramite la repressione con la forza, se non a prezzo di iniziative che potrebbero mettere a rischio l’incolumità dei presenti e delle stesse Forze dell’ordine, di far cessare l’illecito in corso, lasciando agli organizzatori e ai promotori la discrezione arbitraria di proseguire o meno nell’attività antigiuridica.
La previsione di una norma penale che vieta preventivamente gli assembramenti pericolosi per beni costituzionalmente cruciali nella vita civile in una società democratica, costituisce una remora certamente razionale rivolta sia alla massa dei potenziali partecipanti, sia, soprattutto, agli organizzatori e ai promotori di tali iniziative che speculano, anche dal punto di vista economico sul desiderio legittimo, anche se spesso disordinato, di svago e di divertimento dei giovani.
(*) Tratto dal Centro Studi Rosario Livatino
di Mauro Ronco (*)