Il balletto in Rai di Carlo Fuortes

lunedì 6 giugno 2022


Redde rationem in Rai. La resa dei conti, prevista per mercoledì al settimo piano di Viale Mazzini, appare tuttavia “pilatesca”. Anzi gattopardesca. Si preannuncia uno strano giro di valzer dei vertici dell’informazione. A Napoli ai tempi del Re Franceschiello avrebbero bollato l’operazione con la frase “Facimm ammuina”. Così il giornalista-direttore Mario Orfeo, 56 anni, dopo aver perduto la fiducia dell’amministratore delegato Carlo Fuortes l’ha riconquistato in 24 ore, ottenendo per la seconda volta la direzione del Tg3, scongelando magari la “bomba” della direttora che lo ha preceduto Bianca Berlinguer per l’indigesta trasmissione Carta Bianca. Il secondo passo di danza è per la direttora uscente Simona Sala che avrà l’incarico di gestire un non meglio precisato incarico chiamato “Day Time”. A farle posto è il “tuttofareRai” Antonio Di Bella che pur avendo avuto la notizia durante le vacanze al mare è pronto a tornare a “faticare” per mettere ordine agli “Approfondimenti informativi”, la struttura che ha la responsabilità dei talk show e quella sulla cui testa gravano le maggiori critiche. Accadono cose strane nell’azienda pubblica (99 per cento di azioni in mano al Tesoro) da quando è arrivato l’amministratore delegato Carlo Fuortes, esperto di spettacoli lirici essendo stato responsabile prima del Petruzzelli di Bari e poi del Teatro dell’Opera di Roma.

Competenza televisiva? Bocciata da parte dei manager dell’Adrai, dai sindacati dei giornalisti, degli amministrativi e dai tecnici. Giudizio eccessivamente severo? Lo stato di saluto dell’azienda non è dei migliori né dal punto di vista economico né sotto l’aspetto informativo-culturale. La Rai batte ancora la concorrenza grazie ad alcuni colossi televisivi come Saremo, Ballando con le stelle di Milly Carlucci, Domenica in di Mara Venier, Don Matteo e seguito di Raul Bova, un Posto al sole, Chi l’ha visto di, alcune fiction, le impennate di Fiorello, i pacchi o l’Eredità. Il pubblico medio-anziano continua ad essere lo zoccolo duro dell’azienda pubblica ma la perdita dello sport, ad eccezione della nazionale azzurra che non andrà però in Qatar, è un danno irreparabile né la nuova direttora Alessandra De Stefano è riuscita a varare progetti innovativi. A che servono, si chiedono i molti abitanti di Saxa Rubra, i continui blitz dell’amministratore delegato? Per ora il taglio delle edizioni notturne dei Telegiornali regionali ha lasciato via libera alle emittenti locali che hanno approfittato di questo vuoto per riempire gli spazi serali con programmi a contenuto informativo. I tg regionali si sono impoveriti mentre i costi sono rimasti ugualmente elevati senza un’adeguata riforma di valorizzazione del territorio nazionale.

Il balletto delle nomine (non sarà in verità l’ultimo) non sembra finalizzato a rafforzare la presenza Rai nel delicato campo dell’informazione e della comunicazione. Il ritorno di Orfeo al Tg3 apparentemente non è una grande soluzione, anzi fa pensare a spostamenti decisi unilateralmente senza un’analisi approfondita dei problemi delle singole testate. A meno che dopo la precipitosa rimozione Fuortes sia stato convinto, magari dal suo amico economista Giavazzi, a ripescare Orfeo un giornalista di lungo corso ma anche direttore generale dell’azienda e quindi conoscitore degli equilibri politici ed economici di viale Mazzini. Le elezioni amministrative del 12 giugno per i sindacai di grandi città, i 5 referendum sulla giustizia potrebbero aver consigliato Palazzo Chigi e il Pci di Enrico Letta a dover trattare con un navigato direttore alla guida del Tg3, ritenendo poco “affidabili” l’autonomista Tg2 di Gennaro Sangiuliano e il vulcano del Tg1 dopo l’arrivo di Monica Maggioni che ha suscitato molte perplessità e insoddisfazioni.


di Sergio Menicucci