Ingiuste detenzioni, allo Stato sono costate 24 milioni

Ventiquattro milioni e mezzo di euro: è quanto ha pagato l’anno scorso lo Stato per risarcire chi ha subito ingiustamente la carcerazione preventiva. Un conto inferiore rispetto a quello che era toccato alla casse pubbliche nel 2020, quando l’esborso era arrivato a sfiorare i 37 milioni di euro, ma comunque ancora molto consistente. Cinquanta invece i magistrati finiti sotto procedimento disciplinare dal 2019 al 2021 per scarcerazioni intervenute oltre i termini di legge, ma nessun procedimento si è finora concluso con una condanna. È la realtà che viene fotografata dalla Relazione annuale sulle “Misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione - 2021” presentata dal ministero della Giustizia al Parlamento.

Sono numeri che potrebbero essere destinati a far alzare la tensione, di per sé già alta, fra i magistrati e la politica a proposito della riforma dell’ordinamento giudiziario. Due anni fa erano stati 750 i provvedimenti di riparazione per ingiusta detenzione, nel 2021 si sono fermati a 565 ed è diminuito anche l’importo medio corrisposto: è stato pari a poco più di 43mila euro, a fronte dei quasi 50mila euro del 2020.

Anche se le “liquidazioni” restano diverse su base territoriale, con gli uffici giudiziari del Sud che tendono a essere più “generosi”. I risarcimenti più cospicui sono stati emessi in relazione a provvedimenti della Corte di Appello di Reggio Calabria: oltre 6 milioni e 700mila euro complessivi, per una media di più 88mila euro, il doppio di quella nazionale. Si registra un po’ ovunque un “deciso incremento” delle decisioni di accoglimento delle domande di riparazione.

Quanto ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati per ritardi nelle scarcerazioni, 27 sono ancora in corso, 9 si sono conclusi con l’assoluzione e 14 con la formula di “non doversi procedere”. Nel presentare questi dati da via Arenula si chiarisce che il riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione “non è, di per sé, indice di sussistenza di responsabilità disciplinare a carico dei magistrati che abbiano richiesto, applicato e confermato il provvedimento restrittivo risultato ingiusto”.

Il rapporto segnala anche, come effetto della pandemia, il calo nel biennio 2010-2011 dell’insieme delle misure coercitive personali, compresa la custodia cautelare in carcere. Argomento trattato anche dalla ministra Marta Cartabia al question time assicurando che dopo il via libera del Garante della Privacy, atteso in questi giorni, partirà la sperimentazione per le bodycam ai poliziotti penitenziari.

Aggiornato il 19 maggio 2022 alle ore 18:13