Firenze, una fitta al cuore

Vivo nel centro storico di Firenze da sempre. Per la precisione (abbiate pazienza, invecchiando ci si diffonde in inutili particolari) sono nato nel 1971 in Piazza Indipendenza, in una clinica dismessa da anni come molti altri “servizi”, e dopo qualche giorno mi sono spostato di qualche centinaio di metri e non mi sono mosso più. Perfino oggi, che la professione mi ha reso una specie di viaggiatore perenne, casa è qui. L’ho visto cambiare molto il centro di questa città, quasi mai in meglio, in questi cinquant’anni. Ma mi sono imposto di essere tollerante. Perché ho sempre pensato che avere il privilegio (anche economico, visto il prezzo di immobili, annessi e connessi) di bersi un caffè o comprare il giornale – magari di prima mattina, quando i nottambuli ormai dormono e quelli che, da lì a poco, si è accalcheranno attorno alle vetrine dei negozi ancora non sono arrivati – in mezzo a tanta bellezza avesse inevitabilmente un costo.

Quindi con umana rassegnazione ed un po’ di indolenza, che non fa mai male, mi sono abituato a fare la gimkana tra il vomito degli ubriachi e le bottiglie rotte, ad evitare i rider che per una qualche strana ragione sfrecciano solo e sempre contromano, alla spesa online che’ nella bottega sotto casa tutto non lo trovi, a reprimere i tuoi peggiori istinti quando trovi quello che ti piscia sul portone di casa o lo stallo per la ricarica della tua auto elettrica occupato da un Hummer (che chissà perché di giorno si multano, per parafrasare Giorgio Faletti, anche quelli sopra i cinquanta di età, ma quando scendono le tenebre il codice della strada si interpreta).

Proprio di auto, alfine voglio scrivere. In meno di un anno è la seconda volta che qualche buontempone si diverte ad aprirmela e rovistarci dentro. Stavolta si sono portati via libretto di circolazione e tagliando dell’assicurazione e solo Iddio sa cosa se ne faranno. In ogni caso, domattina andrò ad ingolfare ulteriormente gli archivi della Procura della Repubblica con una inutile denuncia e poi me ne scorderò, perché, lo ripeto mi sono imposto di essere tollerante. Del resto che vi sia un qualche problemino di controllo del territorio me ne accorgo ogni volta che il mio amato Frecciarossa mi scarica in Stazione verso sera o semplicemente mi attardo un po’ di più in studio. Solo una cosa davvero non sopporto più: quei pensosi conciliaboli nei quali si finge di cercare la ricetta per riportare i fiorentini in centro ed evitare che la città sia una sorta di Disneyland del Rinascimento di giorno e terra di nessuno di notte; perché di fronte all’ipocrisia ad essere tollerante non riesco proprio.

Aggiornato il 19 gennaio 2022 alle ore 08:54