Riforma della giustizia: e alla fine il personale sarà di meno

Conti alla mano, dal raccordo fra la legge di bilancio 2021, la riforma Bonafede-Cartabia (legge numero 134/2021) e il decreto-legge numero 118/2021 emerge che lo sbandierato incremento di magistrati e personale ausiliario servirà, quanto ai primi, a coprire in larga parte chi avrebbe superato il concorso cassato nel 2020 a causa della pandemia, e comunque entreranno in servizio non prima del 2025, mentre le unità di cancelleria a tempo indeterminato addirittura andranno in decremento. In compenso arriveranno per un paio d’anni, assorbendo larga parte delle risorse del Pnrr destinate alla giustizia, 16.500 giovani neo-laureati: i quali dovranno affiancare magistrati… che non ci sono.

È frequente che nei testi normativi il diavolo si annidi nei dettagli. I giuristi ci sono abituati: meno abituati lo sono i cittadini, meno abituati lo sono i mass-media, ma per chi si occupa di diritto la necessità di studiare anche quello che appare un cavillo per comprendere la reale portata del testo normativo è abitudine consolidata.

Una speciale forma di manifestazione di tali “cavilli” è rappresentata dalla copertura finanziaria del testo normativo. Anche se spesso poco trasparente, si tratta di un versante fondamentale, posto che da esso passa un aspetto significativo della “prognosi” di effettività dei provvedimenti: senza un adeguato finanziamento, difficilmente le riforme funzionano. Follow the money è principio “investigativogenerale: anche quando si tratta di studiare gli effetti della politica legislativa. Compiendo l’esercizio di leggere in questa prospettiva il complesso della riforma del sistema penale, si ottengono alcuni dati che appaiono strabilianti e che ne denotano aspetti di radicale incoerenza rispetto a uno dei fini principali che essa si pone, ossia diminuire i tempi dei processi.

Va premesso che l’organico dei Tribunali in Italia è gravemente sottodimensionato rispetto alle esigenze della popolazione. Dal rapporto del Consiglio d’Europa-Cepej, European judicial systems. Efficiency and quality of justice, numero 26-2018, emerge che il numero di magistrati, procuratori e cancellieri in Italia è pari a meno della metà della media europea, media calcolata comprendendo anche i Paesi dell’ex-Urss. È questa una delle principali cause della lentezza della giustizia: i magistrati e i cancellieri dei Tribunali non riescono a smaltire in tempo il proprio lavoro, non perché siano di media pigri, ma perché sono pochi rispetto agli standard dei Paesi occidentali. Logica vorrebbe, quindi, che il problema dei tempi della giustizia fosse affrontato prioritariamente aumentando i numeri di magistrati e di cancellieri. Studiando la riforma della giustizia emergono dati incoerenti.

Non vi è dubbio che, per effetto di un codicillo della legge numero 145/2018, comma 379, gli organici della magistratura verranno aumentati. Sennonché, nel momento in cui si è data attuazione alla norma, con la conversione in legge il 21 ottobre del decreto legge numero 118/2021, al cui interno è stato inserito l’articolo 26-bis, non si è tenuto conto che, nell’anno 2020, per ragioni legate all’emergenza sanitaria, non si è svolto il concorso annuale per il reclutamento dei magistrati, concorso annuale che di regola è di almeno 300 posti e ha la funzione di mantenere stabile il numero dei magistrati con nuovi ingressi al posto di chi va in pensione.

In questo modo, dei 600 nuovi magistrati previsti dalla legge del 2018, il decreto legge ne ha previsti 500, più 20 per l’attuazione della direttiva in materia di Procura europea (confronta articolo 24); di tali 520 nuovi magistrati, 300 in realtà non saranno in più, ma compenseranno il mancato svolgimento del concorso ordinario nel 2020. Come si vede, i numeri rilevano un effettivo aumento di organico molto ridotto rispetto alle esigenze di adeguamento agli standard dei Paesi occidentali e sembra di poter dire che le stesse esigenze rilevate dal legislatore nel 2018 vengono frustrate dall’attuazione che se ne sta dando. Inoltre, il sistema del concorso straordinario prescelto continua a eludere il problema dello status dei giudici onorari, che in molti casi costituiscono una stampella indispensabile per il funzionamento della giustizia e che la Corte costituzionale (sentenza numero 41/2021) ha di recente richiesto al legislatore di sistematizzare in modo adeguato.

Sotto altro profilo, non vi è dubbio che, in via temporanea, verranno rimpinguati anche gli organici amministrativi dei tribunali (cancellieri, segretari e professionalità correlate). L’articolo 11 del decreto-legge numero 80/2021, infatti, prevede il reclutamento nel periodo 2021-2024, in due scaglioni, di un contingente fino a 16.500 unità di addetti all’ufficio per il processo (in larga parte, neolaureati in giurisprudenza e alcuni in economia), con contratto di lavoro a tempo determinato, della durata massima di due anni e sette mesi per il primo scaglione e di due anni per il secondo. L’articolo 17, comma 3 di tale decreto prevede che tale contingente presti attività esclusivamente per la riduzione dell’arretrato e non vi è dubbio che si tratti di risorse nuove destinate alla macchina della giustizia grazie ai fondi del Pnrr (espressamente richiamato agli articoli 12, 13, 14, 16 e 17: il finanziamento è a carico dei fondi Pnrr, come precisato dall’articolo 14, comma13 e 16, comma 3).

Viene da chiedersi come lo smaltimento dell’arretrato possa essere garantito da personale ausiliario e non da magistrati: infatti, ferma la carenza numerica, i magistrati che saranno immessi tramite il concorso straordinario che verrà bandito per effetto dell’art. 26-bis del decreto-legge numero 118/2021 non entreranno presumibilmente in funzione, tra svolgimento del concorso e completamento del tirocinio, prima del 2025, per cui vi è una sfasatura temporale tra reclutamento di personale straordinario per l’ufficio per il processo, che dovrebbe aiutare i magistrati a smaltire l’arretrato, e aumento pur esiguo dell’organico dei magistrati. Così, allo stato attuale, il sistema sembra “congegnato” in maniera tale che siano direttamente i neolaureati e tirocinanti degli uffici per il processo a fare il grosso del lavoro di scrittura dei provvedimenti arretrati sui quali i magistrati, già sovraccarichi per essere un numero ampiamente inferiore al necessario, potrebbero limitarsi ad apporre la firma. Così, oltre al danno del ritardo, i cittadini incorsi in processi lumaca avranno altresì la beffa di veder sostanzialmente decisa la propria causa da un neolaureato.

Le brutte sorprese, tuttavia, non sono finite ed emergono in modo ancor più icastico se si guarda all’organizzazione a regime del personale dei tribunali. La legge delega per la riforma del sistema penale, numero 134/2021, non prevede alcuno stanziamento per il funzionamento della riforma (articolo 2, comma 22), neppure per l’informatizzazione del processo, salvo un indefinito rinvio a eventuali decreti futuri. Le uniche autorizzazioni di spesa sono 4 milioni di euro annui per la formazione dei mediatori da destinare alla giustizia riparativa e per istituire almeno un centro a tal fin dedicato in ogni distretto di Corte d’Appello, e 46 milioni di euro annui per il funzionamento a regime degli uffici per il processo (articolo 1, comma 27).

Sennonché, ed è qui il diavolo che si annida nei dettagli, risulta che il finanziamento di tali importi per gli uffici per il processo avvenga mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 860, della legge 30 dicembre 2020, numero 178. Cosa prevedeva tale articolo? Prevedeva che “al fine di garantire la piena funzionalità degli uffici giudiziari e di far fronte alle gravi scoperture di organico, il ministero della Giustizia è autorizzato, per l’anno 2021, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, a indire procedure concorsuali pubbliche e, conseguentemente, ad assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con decorrenza dal primo gennaio 2023, nell’ambito dell’attuale dotazione organica, un contingente di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale”, più in particolare 1.500 unità di Area II, posizione economica F1, 1.200 unità di Area II, posizione economica F2, e 300 unità di Area III, posizione economica F1, da inquadrare nei ruoli dell’Amministrazione giudiziaria”.

Il legislatore, quindi, aveva già previsto con la legge di bilancio per il 2021 l’assunzione a regime di 3.000 addetti amministrativi ai tribunali. Ebbene, cosa succede con la riforma penale, numero 134/2021? Succede che il numero di tali addetti, già previsti per il funzionamento a regime dei tribunali e per sopperire alle gravi carenze d’organico, viene incredibilmente ridotto da complessive 3.000 unità a 2.820. L’articolo 1, comma 28 della delega penale prevede, infatti, che al comma 858, primo periodo della legge di bilancio per il 2021 le parole “3.000 unità” sono sostituite dalle seguenti “1.820 unità”, le parole “1.500 unità” sono sostituite dalle seguenti “900 unità”, le parole “1.200 unità” sono sostituite dalle seguenti “735 unità” e le parole “300 unità” sono sostituite dalle seguenti “185 unità”; b) al comma 860, la cifra “119.010.951” è sostituita dalla seguente “72.241.502”.

Sommando alle residue 1.820 unità previste dalla legge di bilancio per il 2021, come novellata dalla legge delega per la riforma della giustizia penale, le 1.000 unità previste a regime per l’ufficio del processo penale dall’articolo 1, comma 27 della legge delega stessa, il totale di nuovo personale assunto a regime per il funzionamento di tribunali sarà così di 2.820 persone, al posto delle 3.000 previste prima della delega penale. La parità degli stanziamenti di bilancio dimostra esclusivamente che gli stipendi per questo personale saranno più elevati (tanto che sono tutti in area III, mentre la legge di bilancio per il 2021 ne prevede sia in area II che in area III).

Non sembra questa la ricetta adeguata per risolvere i problemi della giustizia in Italia. Concentrare tutte le somme per misure emergenziali temporanee, peraltro tra loro scoordinate sotto il profilo temporale, e ridurre il personale già previsto come da assumere a regime non risolverà i problemi di funzionalità degli uffici, che hanno dato vita a quell’arretrato che si cerca emergenzialmente di tamponare. Eppure, questi sono i dati, numeri alla mano, della delega penale. I tribunali avranno a regime meno personale amministrativo di quello già previsto, ma pagato di più. È questo uno dei segnali per la giustizia del futuro?

(*) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino

Aggiornato il 28 ottobre 2021 alle ore 16:04