Vaccini e globalizzazione: tutto il mondo è paese

martedì 6 aprile 2021


Possiamo consolarci anche rispetto ai cosiddetti furbetti del vaccino Covid e alle inevitabili polemiche da bar e da prime pagine sui giornali: tutto il mondo è paese. Sui siti e sulla carta stampata dei maggiori quotidiani francesi, inglesi e americani – oltre che beninteso quelli italiani – ci sono titoli e servizi su persone accusate di avere saltato la fila, in barba ai tanti ottuagenari rimasti per ora a bocca asciutta, principalmente per mancanza di materia prima.

E le modalità sono sempre le stesse: su “Le Monde” ad esempio si legge la storia di alcuni “sani e robusti cinquantenni” che in una chat di WhatsApp si scambiavano le informazioni promanate da uno dei tanti medici di famiglia di Parigi, che segnalava “dosi

avanzate” a fine giornata. Ed eccoli tutti in coda a vaccinarsi o almeno a tentare di farlo, mentre altri “aspetteranno per giorni o settimane”.

Sembra quasi che la globalizzazione, che una volta era un fenomeno economico con notevoli vantaggi e alcune controindicazioni, si sia in questo momento focalizzata sulle mancanze dei rispettivi governi europei, ma anche americani, sudamericani, russi e asiatici, nella programmazione sanitaria. Un “tutto il mondo è paese” tarato su un minimo, anzi infimo, comune denominatore che è rappresentato dalla incapacità dei governi, democratici o meno che siano, di svolgere le funzioni per cui esistono.

Magari con l’anarchia globale le cose andrebbero meglio? Qualcuno prima o poi comincerà a pensarlo. Infatti, come noto, “è meglio un asino vivo che un dottore morto”. Forse sarà in futuro rivalutata la possibilità di vivere in un disordine ben organizzato, piuttosto che nell’attuale ordine caotico.

 


di Rocco Schiavone