Tempi moderni, pandemia e il tecno-vecchietto

Il virus non molla, ma la gente si stufa di tutto. Principalmente di rinunciare alle proprie abitudini, quelle insulse in testa. E siccome la parola compromesso è stampata sul tricolore, incontriamo tanti, soprattutto anziani, che indossano la mascherina con il naso fuori, mentre abbassano del tutto la protezione quelli che, per strada, non resistono senza fumare, mangiare o parlare al telefono senza far torto alla propria voce perfetta.

Giuseppe Conte non conta in Europa, e nemmeno conta gli abitanti dei Comuni da cui non si può uscire: con il risultato che, nelle grandi città, l’arancio consente di percorrere centinaia di chilometri senza sconfinare illegalmente. Mentre nei paesi, talvolta, se esci in macchina non arrivi a innestare la terza. Così il paesaggio metropolitano è vissuto come la normalità, con l’eccezione di qualche fila davanti ai negozi. Non a quelli di generi alimentari, e raramente davanti alle farmacie: il popolo aspetta con pazienza e rassegnazione, soprattutto fuori dai santuari dell’etere telefonico e davanti alle griffe con sconti fino alla metà del doppio. Altrove, ci si spazientisce per attese minime, ma il silenzio regna, ad esempio, all’ingresso dei rivenditori di elettronica d’élite, al cui interno i depositari del giga d’autore conversano incuranti di quindici pellegrini sotto pioggerella e due gradi.

Un signore entra in un tempietto Apple. Quaranta minuti di fila sono bastati e lui è felice. Il giorno prima ha ricevuto in regalo dalla moglie un giocattolo i-Watch, che non vuole sapere di accoppiarsi all’ultimo modello di iPhone da lui comprato, forse, facendo la fila due giorni e due notti per averlo ancora caldo e odorante di Cupertino made in China. Un cortese automa lo gela con un sorrisetto: certo che non si accoppia, lei non ha fatto questo. Con il polpastrello fa scorrere rapidissimamente un mare di icone, fino ad aprire quella giusta che tocca due volte. Poi una, poi una. Meno di venti secondi. “Fatto, ora lei, a casa, può abbinarlo, con un semplice tocco”.

L’attempato bambinone chiede perché a casa e non subito. E il tecno-profeta del verbo della Mela lo guarda con infinita benevolenza. Poi si illumina di celeste e spiega: “Perché se continuo diventa intervento di manutenzione, e le costa cinquanta euro”. Nota: orologio comprato lì, il giorno prima. Il miracolato fantozziano vorrebbe baciargli le mani. Ma un secondo, insperato sorriso, gli fa guadagnare l’uscita prima che l’i-divinità ci ripensi. Un gesto davvero nobile, che fa dimenticare la delusione di non aver potuto usare subito il telefono acquistato mesi prima perché milleduecento e passa euro non danno diritto all’alimentatore. Motivi ecologici, non economici, e non è un errore di traduzione. Il negozio in cui il tecno-vecchietto era entrato fa parte della catena Apple “i-Con”. Chi parla francese tragga conclusioni.

Aggiornato il 22 gennaio 2021 alle ore 13:39