Rai, conti in rosso: allarme costi, calcio e Olimpiadi

Profondo rosso a viale Giuseppe Mazzini. I conti della Rai non vanno bene. Il Consiglio di amministrazione ha approvato il budget 2021 della tv pubblica dal quale risulta un disavanzo di 57 milioni di euro. La gestione risente inevitabilmente dagli effetti della pandemia che si sono riflessi sulla diminuzione degli introiti pubblicitari e commerciali. La conseguenza è che i risultati sono ampiamente inferiori alle stime del Piano industriale 2019-21. Più che preoccupare i dati negativi della stagione 2020, quello che allarma sono i circa 220 milioni di rosso previsti per l’anno in corso a seguito della necessità di contabilizzare nel prossimo esercizio i 137 milioni messi a budget per i diritti televisivi dei grandi eventi sportivi. Si tratta di circa 70 milioni dovuti alla Uefa per gli Europei di calcio e ai 40 milioni da girare a Discovery che ha l’esclusiva delle Olimpiadi di Tokyo. Queste somme non versate per il rinvio dei due eventi dovranno essere contabilizzate nel prossimo esercizio.

Per far quadrare i conti l’attuale Consiglio di amministrazione, l’amministratore delegato, Fabrizio Salini e il presidente, Marcello Foa dovranno impegnare il tempo che resta del loro mandato (cinque mesi circa) ad individuare la strada del risanamento. La Rai è una delle poche aziende che sa su quanto può contare come entrate: al miliardo e 761 milioni di euro derivanti dal canone grazie alla tassa in bolletta Enel che pagano gli italiani aggiunge altri 600 milioni dalla pubblicità, anche se in rallentamento per la pandemia e 250 milioni di altri ricavi (vendita a Netflix di 80 film, o delle immagini sportive). Sul tavolo c’è la questione della quota di canone Rai che lo Stato trattiene, il cosiddetto extra-gettito di circa 105 milioni annui e il prelievo del 5 per cento, pari a circa 85 milioni, introdotti nel 2015 dal governo di Matteo Renzi. È stato calcolato che dei 90 euro che i cittadini italiani pagano di canone alla Rai ne arrivano circa 75. E secondo il consigliere di amministrazione eletto direttamente dal personale dipendente, Riccardo Laganà, se le entrate da canone andassero tutte alla tv pubblica non ci sarebbe nessun bilancio negativo.

Non è così osserva il presidente della Commissione di vigilanza, Alberto Barachini, che sfogliando i conti dell’azienda intende avere verifiche più approfondite da parte del ministro dell’Economia-azionista Roberto Gualtieri. I conti della tv vanno peggio del previsto e le operazioni di tagli e risparmi risultano insufficienti. La quota di spesa maggiore resta quella del personale dipendente e delle collaborazioni, che superano un miliardo e 25mila euro (l’altro miliardo riguardano le spese per beni e servizi) a fronte di entrate di circa 2600 milioni. Molti osservatori si chiedono per quanti, a libro paga, venga superato il tetto di 240mila euro lorde annue. Una polemica che va avanti dal 2017, quando l’Avvocatura dello Stato inviò un parere al Governo secondo il quale “spetta agli organi gestionali della Rai valutare se e quando la prestazione professionale abbia effettivamente natura artistica e se ci sono i presupposti per eventuali deroghe al tetto retributivo”.

L’impressione dell’opinione pubblica resta sconcertata dalle cifre che circolano per molti big dello spettacolo. È stato calcolato che soltanto per quattro produzioni le entrate coprono le spese e sono “Chi l’ha visto?”, “Linea Blu”, “Wind Music Awards”, il Festival di Sanremo che incassa 15 milioni e li spende quasi tutti. Bene “Ulisse”, “Uno Mattina”, “Linea Verde”, “Report”. Incassano tanto ma spendono molto “Porta a Porta” di Bruno Vespa e “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.

Aggiornato il 18 gennaio 2021 alle ore 10:26