Non sono solo violenze e abusi, è business del male

Io capisco le femministe come Laura Boldrini che s’impuntano sul concetto “se l’è cercata” e se la prendono con uomini come Vittorio Feltri i quali, come nell’Ottocento delle Anna Karenina e Madame Bovary, mettono la vittima al centro delle conseguenze. Sul tema della violenza contro le donne occorre fare un effettivo passo in avanti, soprattutto dal punto di vista della giurisprudenza. Qualunque sia la donna, il suo stato, il suo profilo, il suo atteggiamento, un uomo che la colpisce, che la fa oggetto di sopraffazione, è colpevole. Sia essa in qualche modo consenziente o bambola di gomma. Anzi, tanto più la donna è sprovveduta, inconsapevole ed esposta tanto più l’uomo (o gli uomini o chiunque) la violenta, la abusa e la molesta è reo. Intendo dire che la colpa non si affievolisce, al contrario aumenta. La violenza contro le donne non è giustificabilemai e in nessun modo” ed è assodato che questo sia il principio fondamentale di questo secolo, che spazzi via le ombre dei tempi di Lev Tolstoj e di Gustave Flaubert e soprattutto, per andare al sodo, sradichi la mentalità inquisitoria che ha fatto dieci milioni di martiri orribilmente uccise. Per tutelare le ragazze, le fidanzate, le mogli di oggi dai delitti e dagli abusi quotidiani non dobbiamo guardare indietro. Non solo perché in passato gli uomini erano “padri-padroni”, ma perché la storia avanza e ruoli femminili, equilibri sociali e famigliari sono mutati sulla spinta della parità e dei ruoli. Pertanto, il caso specifico della diciottenne abusata una notte intera nell’attico di Alberto Genovese pone al centro i reati commessi da quello stuolo di persone, che hanno usato droga, musica e incontri per un bordello di lussurie e non solo contro una vittima ma contro tutte e tutti. Perché quello che facevano i protagonisti e le presenti in quell’attico milanese in pieno lockdown è indegno. Se le donne non sentono questo e se non denunciamo questo, il clamore del caso è solo rissa per caccia all’audience. Se non è percepito l’oltraggio complessivo e la violenza in genere (non solo di genere) dovremmo considerare la frase di Vittorio Feltri più che giusta: “È stata ingenua a fidarsi”. Cioè è “ingenuo” chiunque (donna o uomo) pensi possano finire bene per il corpo e per l’anima situazioni in cui il soggetto è il piacere senza limiti fino alla libidine più ingorda. E bisogna avere la forza spiegare che non mancano “riti” in cui perfino il dolore e la morte diventano apice orgasmico. Questo è amore e libertà, oppure perversione e logge, cioè quella cultura che ha sdoganato sentimenti, regole e principi e che nelle sue battaglie di genere ci ha portato dalla “terrazza radical chic” alla “grande bellezza del male”?

Quello che mi indigna, e che vado ripetendo da anni, è che non ci sia il necessario focus su questi aspetti, su questi scenari non più antri occulti ma trame normalizzate, che sono l’orrido retroscena di delitti noti ed eclatanti casi di nera spesso ambigui, imperfetti, insoluti, o che si reiterano, soprattutto quando ci sono di mezzo sparizioni e minori. Ed è qui il punto, questa è la bocca dell’inferno delle pene delle donne e della decadenza della società. Quello che dimentichiamo – o che fingiamo di dimenticare – è che ci sono poteri, lobby e gruppi che della violenza hanno pratica e ne hanno fatto un’industria come quella degli stupefacenti. Il torto delle femministe – e non da poco – è quello di voler coniugare ogni libertà, ogni diritto di autodeterminazione, ogni fluidità occasionale, disordinata e libertina con la sicurezza e il bene abolendo il discernimento e la moralità per di più in una escalation di indistinto genere. La moralità potrà cambiare con le epoche, ma non evaporare del tutto. Non solo le “terrazze sentimento” costituiscono una trappola per gli abusi, ma nella loro concezione e declinazione sono una seria questione di ordine pubblico. Questo dobbiamo scrivere, perché per tanta propaganda di sesso senza discriminazioni siamo precipitati nei coprifuoco. E le diciottenni acconciate per riti sadomaso, le belle ragazze in fila per notti di Sodoma che con disinvoltura proclamano “noi vogliamo solo drogarci, ballare e divertirci” non sono inconsapevoli o ignare. E che il tutto fosse organizzato con steward, camerieri, dj, public relation, mi pare l’aspetto più inquietante. Ma dove sono le famiglie, i parenti, gli amici, la politica, la classe intellettuale, la moral suasion e il decoro? Non è che se la cosa fosse finita senza incidenti simili abitudini siano un inopinabile ben fatto. Questo passaggio manca. Infatti con la stessa “disinvoltura” (si chiama disinvoltura non ingenuità) con cui fino a un attimo prima le ragazze erano conniventi con vassoi di polvere rosa, disponibili a farsi legare, incatenare, ad assumere atti e sostanze, un attimo dopo diventano responsabili. Si dice “responsabili” signora Boldrini, non vittime. E questo è così grave che mostra anche profili di reato.

“Il grande equivoco è scambiare la responsabilizzazione della donna per la sua colpevolizzazione”, è sbottata Annamaria Bernardini De Pace in una intervista fiume su “Libero”, in cui ha messo in fila concetti fondamentali che condivido al mille per mille. E detti da lei, la matrimonialista più famosa d’Italia, un avvocato che ha difeso centinaia di donne, c’è da darle ragione: “Oggi nessuno vuole stare ad ascoltare neppure mezza opinione che non combaci perfettamente con le proprie idee. Se dici che per una diciottenne andare a un droga party organizzato da un pervertito cocainomane è pericoloso, ti accusano di sessismo”. E giù una disamina di torti, errori e sviste, un parlar chiaro. Ma temo che ancora neppure la Bernardini De Pace abbia chiaro il “mostro” del business del male.

Aggiornato il 10 dicembre 2020 alle ore 12:05