Svizzera e Austria sugli sci, l’Italia no

Il presidente Veneto Luca Zaia torna a sollevare il problema della riapertura degli impianti sciistici, alla vigilia di una stagione che per la montagna rappresenta un’ancora di salvezza dalla crisi indotta dal Covid-19. E si fa portavoce delle istanze delle Regioni presso il Comitato tecnico scientifico, sollecitando l’esame delle linee guida che potrebbero garantire un inverno in sicurezza.

Intanto dagli assessori delle Regioni alpine arriva la richiesta di un incontro col ministro Roberto Gualtieri e la stima della perdita economica dovuta allo stop dello sci: 20 miliardi, “una cifra vicina all’1% del Pil nazionale”. E anche Zaia lancia l’allarme. “Davanti alle notizie che si rincorrono – ha detto oggi, nel consueto punto-stampa dedicato alla pandemia – con la Svizzera che riapre, l’Austria pure, tutto questo rischia di farci fare la figura della periferia, dei dimenticati”.

E l’occasione potrebbe essere un confronto sul prossimo Dpcm previsto per il 3 dicembre: “Abbiamo chiesto – ha aggiunto Zaia – una convocazione con i ministri Speranza e Boccia, ne ho parlato con il presidente Bonaccini, il vicepresidente Toti e il presidente di Bolzano Kompatscher, per avere un confronto sul rinnovo del Dpcm. Siamo disponibili a tutte le ore, anche perché il Cts possa discutere la partita della neve”. “Come Regioni – ha spiegato quindi – abbiamo presentato le linee guida, ora tocca al Cts esprimersi. La montagna ha solo due problemi: l’assembramento all’impianto e il trasporto dentro le funivie o le cabinovie. I rifugi sono niente di più e niente di meno dei ristoranti, quindi sanno già quali sono le regole da seguire e da far rispettare. Noi abbiamo fatto proposta dell’uso della mascherina e dei distanziamenti”.

Zaia ha quindi ricordato l’ordinanza regionale di ieri, che contiene nuove norme precise anti-assembramenti: “Se oggi fossero aperti gli impianti sciistici – ha sottolineato – l’ordinanza eviterebbe per esempio le passeggiate nel centro della città turistica invernale. Il vero tema è invece capire se si rischia e quanto si rischia. Dobbiamo capire il punto di equilibrio, guardando comunque al fatto che prima conta la salute”. Se invece il Governo deciderà di non aprire gli impianti per Natale, secondo Zaia “ci vuole certezza sui ristori, senza tante fantasie: si guarda il fatturato prima del Covid, si fa la proporzione sui giorni in cui non c’è, diamo uno sconto del 10-20-30%, alla tedesca, e via. Molte misure non decollano perché non c’è certezza del ristoro, e molti ci dicono che piuttosto dell’incertezza sui ristori è meglio chiudere”, ha concluso. Adeguati ristori chiedono anche gli assessori di i di Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Veneto e Friuli-Venezia Giulia “sia in caso di prolungamento della chiusura dei comprensori sciistici sia nel caso di una riapertura con forti limitazioni di presenze sugli impianti e piste da sci”. Perché, spiegano, “attorno alla stagione invernale abbiamo intere economie di montagna e alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro perlopiù stagionali”.

Una filiera che rischia di subire un grave colpo dallo stop.

Aggiornato il 25 novembre 2020 alle ore 19:36