Zanda si è dimesso, il futuro di “Domani”

Prima crepa nel quotidiano “Domani” di Carlo De Benedetti. Dopo appena un mese e mezzo dalla nascita e un lungo periodo di gestazione ci si accorge che c’è un conflitto d’interessi. Cosa c’è dietro le dimissioni del presidente della società Luigi Zanda, un personaggio di punta del Partito Democratico? Ufficialmente Zanda ha spiegato il suo passo indietro con la motivazione della inconciliabilità del suo ruolo apicale nel Cda e la linea del giornale. Il senatore Luigi Enrico Zanda Loy scopre a fine ottobre 2020 il conflitto d’interessi. Strano, per un esponente politico di lungo corso e che ha ricoperto tanti di quegli incarichi che vanno sotto il nome di “casta”. Nato a Cagliari nel 1942, avvocato presso l’ufficio legale dell’Iri, stretto collaboratore e portavoce di Francesco Cossiga, vicepresidente del Partito Democratico, presidente e amministratore delegato dell’Agenzia romana per il Giubileo 2000 al tempo del sindaco Francesco Rutelli, consigliere di amministrazione della Rai in quota Margherita, tesoriere del Pd dopo la vittoria di Nicola Zingaretti nel 2019, consigliere negli anni Ottanta del gruppo editoriale “L’Espresso” e vicepresidente dell’editoriale periodici come MicroMega, Gambero Rosso.

L’addio di Luigi Zampa dal Cda del neo quotidiano “Domani” ha qualcosa di strano e suscita perplessità dopo appena una quarantina di numeri. Due, comunque, le criticità. La prima politica. Secondo Carlo De Benedetti e gli altri promotori, tra cui Zanda, il giornale avrebbe dovuto occupare lo spazio liberal-democratico – e quindi di sinistra – che avrebbe lasciato libero “Repubblica”, dopo il passaggio del giornale fondato da Eugenio Scalfari e il principe Carlo Caracciolo al gruppo Gedi, acquistato dal nipote dell’avvocato Giovanni Agnelli, John Elkann e la nomina a direttore di Maurizio Molinari proveniente da “La Stampa” di Torino al posto di Carlo Verdelli. Non sembra che la linea del giornale sia quella gradita, nonostante il giovane direttore Stefano Feltri, 36 anni, fosse stato scelto direttamente dall’imprenditore ex Olivetti, Fiat, Cir forse come ritorsione della mancata vendita a lui stesso da parte dei figli intenzionati a uscire dall’editoria. Il secondo motivo è tecnico. Il giornale non ha superato mai le 14mila copie al giorno, a cui aggiungere 7mila circa abbonamenti digitali, con una serie di difetti giornalistici e di pubblico. Identità non chiara, lettura faticosa (per la lunghezza degli articoli), titolazione non attraente, grafica stantia, notizie che non hanno mai avuto seguito, differenze tra l’edizione cartacea e le news online. Secondo alcune indiscrezioni, lo stesso Carlo De Benedetti ha considerato il giornale poco rilevante nella vita del Paese e non in grado di competere sui temi politici, dei diritti civili, della politica internazionale con il modello originale che è “Repubblica”.

Per Zanda, la linea del giornale non era considerata ben riconducibile e collocata a sinistra. E come si diceva una volta “carta, penna e calamaio”. Questa volta via computer ecco la e-mail “cari amici” di spiegazione del perché in poche settimane ha potuto constatare che la “posizione di presidente del Cda è in molte circostanze non compatibile con la funzione di senatore del Partito Democratico e del centrosinistra. In una parola ho compreso di trovarmi in una posizione di conflitto d’interessi politico- editoriale, che per mio costume e per mia profonda convinzione non posso sottovalutare”. La battuta acida circolata a palazzo Madama: non ci poteva pensare prima?

Aggiornato il 30 ottobre 2020 alle ore 10:02