L’impatto psicologico-emotivo dopo il coronavirus

martedì 15 settembre 2020


Le conseguenze dopo l’impatto della diffusione sul coronavirus ha ridimensionato davvero la visione quotidiana della popolazione italiana?

C’è una questione psicologica che sotto moltissimi aspetti, le persone hanno rivalutato durante il decorso della pandemia. Lo stare chiusi in casa ci ha obbligatoriamente costretti a stare per un periodo di tempo abbastanza prolungato, racchiusi nella stessa cerchia ristretta del nucleo familiare o lavorativo.

Ecco perché è stata avviata l’iniziativa “Psicologi per il coronavirus”, un servizio riservato in particolare modo anche per gli operatori socio-sanitari. Un servizio che ha reso possibile una consulenza a distanza, formato da un equipe di psicologhi e psicoterapeuti esperti, pronti a destare il loro lavoro a servizio della comunità italiana.

Il numero di richieste della consultazione psicologa a distanza è stato molto elevato, ma effettivamente a distanza di tempo, dopo che il periodo più critico è stato superato, cosa n’è rimasto? Gli italiani hanno rivalutato davvero la possibilità di avviare un percorso terapeutico anche dopo l’avvenuta di quest’emergenza?

Purtroppo, una buona parte di queste persone che hanno richiesto questo servizio, ha deciso appunto di non continuare questo percorso per dimenticarsi alla svelta di questo periodo. Ma effettivamente a livello psicologico questo stato emotivo può essere eliminato in modo definito?

Un essere umano ha la tendenza di autoproteggersi da un ricordo spiacevole, cercando di rivolgere lo sguardo di nuovo a quello che sarebbe alla sua “normalità”, non prendendo in considerazione che molto spesso il malessere sussista già da prima dello scoppio di un evento più traumatico (in questo caso del coronavirus).

I rapporti con i familiari o con il proprio partner, poteva essere già da tempo logorato ma che in quel periodo di emergenza sono risaltati ancor di più i punti più critici.

O semplicemente, chi era abituato a rimanere per un periodo prolungato “lontano” dai propri cari, si è ritrovato rinchiuso in una sorta di prigione psicologica e fisica, con un nucleo familiare a cui non era più abituato a rimanere in contatto.

O le donne o gli uomini lavoratori, costretti entrambi a rimanere in casa a proseguire il proprio lavoro a distanza grazie allo “smart working” ma al contempo stesso riuscire a badare i propri figli, perché si era impossibilitati di portarli dai nonni o in alcune strutture apposite.

 Non è un male pretendere un proprio spazio personale, ma molto spesso bisogna avere anche il coraggio di richiedere un aiuto in più per se stessi. Oramai nel 2020 i valori tradizionali sono abbastanza mutati, non esiste più come una volta lo “star insieme” e di godersi di attimi tranquilli con la propria famiglia e con la persona che si ama.

Purtroppo è anche vero che la società ci ha messo in una condizione di essere come delle macchine di fabbrica, il nostro scopo oramai è di essere educati a produrre, per poi produrre a nostra volta il lavoro. Il malessere avviene quando una volta raggiunto questo obiettivo, non sol dimentichiamo in modo apparente “l’altra persona”, ma in modo particolare dimentichiamo “noi stessi”.

Siamo così occupati nel rivolgere lo sguardo a ciò che noi consideriamo “normalità”, che molto spesso trascuriamo il nostro malessere, che nei peggior dei casi possiamo anche riversare nel prossimo come forma di cattiveria.

Le varie forme di specialisti come lo psicologo, lo psicoterapeuta, lo psicoanalista, lo psichiatra non sono nate per essere derise o allontanate perché sono inutili, cerchiamo di proiettare il nostro sguardo al di fuori della nostra cerchia che consideriamo “normalità”. Sono figure importanti capaci di migliorare il nostro benessere, chi può darti aiuto non è il solo classico medico che ti opera sul lettino chirurgico o che vai nello studio per farti prescrivere l ricetta.

Ma un articolo può effettivamente far cambiare idea al lettore?

Purtroppo chi rimane nelle proprie convinzioni non cambierà mai la propria opinione, ma possiamo sempre confidare in quei pochi occhi discreti, quel poche anime che hanno solo di una spinta per fare questo gran passo. Per fortuna esistono ambulatori o centri che offrono questo servizio in modo gratuito, per facilitare quelle persone che non hanno la possibilità economica o diffidano di iniziare questo percorso a pagamento, basta cercare su internet qualche centro che possa fornire un supporto psicologico gratuito, o semplicemente basti consultare l’Asl della propria città che quest’ultimo fornisce lo stesso un percorso gratuito per chi è riuscito a rivolgere lo sguardo in un’altra direzione.


di Jessica Porcasi