L’imputato è innocente fino a prova contraria

“L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Così si esprime la Costituzione italiana all’articolo 27, enunciando un principio apparentemente garantista nei confronti dell’accusato. Eppure, in quel “non è considerato colpevole”, c’è qualcosa che non convince. Se un imputato non è considerato colpevole, almeno fino alla condanna definitiva, cosa è considerato allora? Perché definire in negativo uno status giuridico anziché affermare chiaramente che l’imputato è da considerarsi innocente fino alla sentenza definitiva di condanna? È come se la formula adottata dal Costituente lasciasse un margine di incertezza e di fraintendimento, confinando l’imputato in un limbo, peraltro neppure di breve durata se si considera la durata dei processi. Su questo aspetto l’Europa è molto più moderna e garantista dell’Italia.

Già settant’anni fa la Carta europea dei diritti fondamentali, risalente al 1950 e ratificata dall’Italia, si esprimeva in ben altro modo: “Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata”. E, infatti, l’articolo 48 della Carta europea si intitola “Presunzione di innocenza”. Anche i Paesi di Common law si rifanno al principio di presunzione di innocenza e, se si vuole andare molto indietro nel tempo, alla Francia di epoca illuminista, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 stabiliva che “tutti gli uomini sono da considerare innocenti finché non siano dichiarati colpevoli”. È evidente che considerare un imputato “innocente” fino al momento della condanna è cosa diversa dal considerarlo “non colpevole”. Non è solo una questione di parole, ma di sostanza.

Esiste il diritto a essere considerati innocenti fino a quando non venga provato il contrario. Dal momento che il lessico ha la sua importanza, soprattutto in diritto, è evidente che la formula contenuta nella Carta europea appare più chiara e anche priva di ambiguità. L’imputato è innocente fino a quando non venga legalmente provato il contrario, punto e basta. Dovrebbe essere un principio di elementare civiltà giuridica, ma non lo è. Non lo è ancora, almeno, in Italia. Anche la “Costituzione più bella del mondo”, scritta nell’epoca in cui i treni funzionavano ancora a vapore e gli italiani si spostavano in bicicletta sognando la Fiat Topolino a due cilindri, mostra talvolta le rughe del tempo.

Aggiornato il 03 agosto 2020 alle ore 11:24