L’Opinione Risponde: il difetto di discrezione di giudizio nel diritto canonico

Chiara da Genova scrive alla rubrica “L’Opinione risponde” ([email protected]) perché Alessio, da cui ha divorziato, ha iniziato la causa di nullità, scrivendo nel libello che Chiara nel momento delle nozze era immatura, quasi incapace di intendere e di volere, quindi secondo lui il matrimonio è nullo per il 1095 n. 2 (grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri del matrimonio).

Chiara, appreso che la sentenza di primo grado è risultata positiva, vorrebbe opporsi a questa sentenza, e non solo, vorrebbe rivolgersi direttamente al Tribunale della Rota Romana. Ci chiede se esiste una possibilità di fare questo passaggio.

A tal proposito ci siamo rivolti all’avvocato Rotale Maria Capozza che così ci ha risposto: Gentile Chiara, per impugnare la sentenza che dichiara la nullità del suo matrimonio può proporre appello direttamente alla Rota Romana. La riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio nel codice di diritto canonico, introdotta da Papa Francesco nel 2015 con la Lettera Apostolica Mitis iudex dominus iesus ha introdotto diverse novità, tra cui l’abrogazione della doppia sentenza per la conferma dell’annullamento del matrimonio. Quindi, basta una sola sentenza di annullamento per poter procedere nuovamente a nozze. Resta comunque il diritto di proporre appello contro tale sentenza ai sensi dei cann. 1619-1640 del C.I.C. anche direttamente dinanzi alla Rota Romana.

Secondo il can. 1680 § 2 del C.I.C., decorsi i termini stabiliti dal diritto per l’appello, il Collegio dei Giudici deve valutare se l’appello risulti manifestamente dilatorio, confermando con proprio decreto la sentenza di prima istanza, oppure se ammettere l’appello – trattando la causa in secondo grado. Sempre secondo il can. 1680 § 4, in grado di appello può essere introdotto un nuovo capo di nullità del matrimonio, il Tribunale lo può ammettere e su di esso giudicare come se fosse in prima istanza. Mi corre l’obbligo di fare precisare che il motivo di nullità invocato dal suo ex coniuge, ovvero il difetto di discrezione di giudizio ex can. 1095 n. 2 del C.I.C. è da considerarsi nell’ambito dei vizi del consenso. Il matrimonio canonico è un sacramento ed un patto che si fonda su un valido consenso matrimoniale, che è da considerarsi un atto umano posto in essere da due persone giuridicamente abili. Il difetto di discrezione di giudizio si ha quando manchi nella persona la capacità di ponderare e/o la facultas critica ovvero il iudicium practico-practicum o, ancora la maturità di giudizio di valutare i diritti e gli oneri del matrimonio con la sufficiente libertas sic dicta interna.

San Giovanni Paolo II ha precisato che “solo le forme più gravi di psicopatologia arrivano ad intaccare la libertà sostanziale della persona” e che “deve rimanere chiaro il principio che solo l’incapacità e non già la difficoltà a prestare il consenso e a realizzare una vera comunità di vita e di amore, rende nullo il matrimonio” (S. Ioannes Paulus II AAS, 80, (1988), 1182, n. 6).

Al fine di dimostrare tale forma di incapacità è necessario analizzare i fatti, attraverso le dichiarazioni delle parti e dei testimoni attendibili, i dati ed i documenti clinici e richiedere una perizia.

Di fondamentale importanza è la perizia, che deve:

1) essere fondata sugli atti e, possibilmente, sulla base dell’esame delle parti;

2) individuare il nesso tra malattia/anomalia psichica e influsso sui principi dell’antropologia cristiana;

3) rispondere ai quesiti del Giudice;

4) indicare la preesistenza, la gravità e la eventuale cura della patologia accertata.

Concludo riportando le parole di San Giovanni Paolo II sul tema: “Il fallimento dell’unione coniugale, peraltro, non è mai in sé una prova per dimostrare tale incapacità dei contraenti, i quali possono aver trascurato, o usato male, i mezzi sia naturali che soprannaturali a loro disposizione, oppure non aver accettato i limiti inevitabili ed i pesi della vita coniugale, sia per blocchi di natura inconscia, sia per lievi patologie che non intaccano la sostanziale libertà umana, sia, infine per deficienze di ordine morale (Ioannes Paulus PP II AAS, 79, (1987), 1457)”.

 

Aggiornato il 07 luglio 2020 alle ore 13:11