Le donne non sono pangolini

venerdì 26 giugno 2020


Signori, nel 2020 c’è ancora un problema di questione femminile in Italia? E ho scritto solo signori, perché a qualsiasi donna lo chiediate la risposta è: sì, c’è.

Ma non è un problema ideologico, di quella roba femminista sinistra decotta e bollita dalle rivendicazioni strumentali di chi ancora non ha ben capito che mostrare le proprie grazie non è femminismo ma è un problema di libertà, che è un’altra cosa, e che è quello di cui vorremmo disquisire qui oggi.

Lo spunto ce lo dà Vittorio Sgarbi, noto intemperante, che viene portato fuori a forza dai commessi di Montecitorio, peraltro in una iconica posa plastica a metà tra la deposizione di Cristo e la resistenza pacifista non violenta, e il fatto che la parola “troia” sia risuonata tra le mura della Camera dei deputati per la prima volta nella storia repubblicana, quantomeno ad alta voce. Tanto si va sempre a parare lì, quando si vuole offendere una donna si torna sempre al vecchio caro spettro del meretricio utilizzato come mestiere indegno eppure tanto apprezzato da miliardi di clienti, maschi, nei secoli e nei millenni.

Il punto è che è vero che spesso dietro al successo professionale di una donna c’è un uomo, anzi, quasi sempre, è la norma direi, ma non necessariamente un amante o un marito, può anche essere un padre o un fratello, o banalmente un amico. Difficilmente infatti una donna in Italia, ancora oggi nel ventunesimo secolo, può aiutare un’altra donna nella scalata al potere, perché di donne “di potere” o “al potere”, nonostante tutto, ce ne sono ancora troppo poche e spesso si fanno la guerra tra di loro.

E allora, ad un certo punto per favorire l’apporto di una visione anche femminile della vita nelle istituzioni basate storicamente sul predominio del pater familias e sul valore unico della donna come beneficio dotale, ci siamo inventati le quote rosa, che a dirla tutta hanno funzionato egregiamente e che sfortunatamente non si possono dismettere, perché torneremmo solamente ai fornelli e solamente alle pappine in un attimo.

Io ci parlo con gli uomini, di destra, di sinistra e pure di centro, preti compresi, ma non c’è niente da fare, non si perdona alle donne di non volere figli, non si perdona alle donne di essere magari sfortunate in amore o troppo intelligenti da ingenerare competizione, non si perdona il fatto che si possa essere belle e capaci: dai, non prendiamoci in giro, la considerazione maschile della femmina in Italia è scarsa.

Basti pensare, senza andare troppo lontano nel tempo, che nella task force dell’emergenza Covid-19 il Governo Conte si è accorto che mancavano donne in squadra dopo mesi e mesi. Il che significa che femmine senzienti in grado di dare pareri evidentemente in quell’ambiente non erano pervenute, o comunque non c’è stata “la casella” nel cervello di decine di uomini. Che allora ce le hanno inserite a scoppio ritardato mettendo una toppa indecente e anche un po’ offensiva, come a dire che allo zoo mancavano i babbuini. A questa “svista” da riserva indiana poco dopo ci hanno anche aggiunto un premio da cinquecento euro per chi vuole “aspirare” a fare la “donna manager”. Quindi, qui tocca farsi strada a forza di obblighi normativi e ora anche di incentivi, ma tanto sempre all’allusione del meretricio come merce di scambio si va a finire alla prima occasione utile con le solite squallide allusioni, dirette o indirette, alle quali ormai ci siamo quasi affezionate.

In Italia i diritti non sono affatto uguali per tutte le donne e anche solo dove abiti è motivo di discriminazione oggettiva, fattuale, limitativa delle tue libertà di individuo, visto che siamo una nazione a due velocità dove ad esempio in Umbria si chiudono i consultori e in Toscana si può prendere la pillola abortiva senza ospedalizzazione.

Ci vorrà una legge anche per raggiungere la parità salariale, un obbligo che sarà ridicolo e tardivo e ci renderà ancora volta come i pangolini in Cina, che dopo che li hanno sterminati hanno deciso di proteggerli. Però (perché c’è un però) qualche uomo illuminato che comincia a comprendere l’oggetto misterioso femmina, esiste e lotta insieme a noi. Esiste qualcuno che ti dà un’opportunità, che stima il tuo pensiero e il tuo valore. Esiste, anche senza “scambi”, posti riservati o bollini blu da banana di qualità. Pochi, pochissimi illuminati, nelle direzioni di giornali, aziende, enti pubblici.

Eppure sono sbalorditivi i rumors di un Matteo Renzi infuriato per la paparazzata a Maria Elena Boschi con l’attore Giulio Berruti al grido di “non sei mica una tronista”, che veri o falsi ben rappresentano quel costume “masculo” italico – che non è affatto solo destrorso – di quel purtroppo comune “progressisti all’improvviso talebani”. Mille e quattro, quasi mille e cinque, direbbe Massimo Troisi.

Ma, se volessimo smetterla di fare le vittime, che pure siamo in assenza di reali pari opportunità, e ci domandassimo, per ipotesi, se in Italia a causa di una certa, tangibile, arretratezza culturale di chi siede in Parlamento o nei vari scranni da nord a sud o banalmente ovunque ci sia un gruppo di amici al bar, non potessimo essere non solo donne, femmine, ma non potessimo essere gay, non potessimo essere meretrici, ebree, vegane, indù, brutte, nere, straniere, drogate, criminali, ignoranti, o ricche o colte? Se il problema non fosse solo di genere ma in Italia ci fosse un problema, grosso come una casa e del tutto ignorato dalla stampa e dall’opinione pubblica, di non poter essere chi si è, di non poter essere liberi di dire, di esprimere, di essere chi e cosa si è a prescindere dal sesso a cui appartieni e dal ruolo privato o pubblico che ricopri?

Il salto logico del passaggio da questione femminile a questione esistenziale è ampio, ma se davvero il problema fosse che l’articolo 2 della Costituzione è lettera morta, carta straccia senza alcuna reale tutela? E se davvero ci volessero tutte e tutti mansuete vacche incasellate nella consuetudine della paralisi intellettuale del tutto cambi purché nulla cambi? Oggi è la donna domani chissà, ma, se continua così, in uno scenario da fantascienza declinato al presente prossimo vedo un bel “voucher libertà” per tutti comodamente dal tabaccaio.


di Romana Mercadante di Altamura