La DaD ha salvato la “baracca”?

giovedì 25 giugno 2020


C’è chi ripropone, ad ogni occasione, come una sorta di mantra spirituale, la tesi secondo cui la Didattica a distanza (DaD) avrebbe (?) “salvato la scuola” dalla crisi generata dall’emergenza pandemica.

Io so solo che c’è chi ha lavorato sodo, h24, per non sortire un granché dai propri allievi, ed a parità di retribuzione, e chi si è “grattato la schiena”, per dirla senza peli sulla lingua, percependo lo stipendio. Direi che questa è una prassi anche nella realtà quotidiana di chi vive la scuola in presenza, e direi il mondo del lavoro in genere: Fantozzi docet. Ma non è il punto centrale del mio ragionamento.

Non mi interessa il divide et impera tra i lavoratori. Dicevo, invece, che c’è chi si mostra convinto, in buona o in mala fede, che la DaD abbia “salvato la scuola”. Io dico che ha solo mortificato e annichilito, in una misura ulteriore, i valori della cultura, della democrazia e della giustizia. Ora provo a spiegarne il perché.

A parte il fatto che l’orario settimanale di servizio per molti insegnanti è già, di fatto, aumentato in misura notevole. Nel trimestre in cui si è lavorato, bene o male, con la DaD, so di molti colleghi e colleghe che hanno lamentato proprio un simile esito in termini di tempo effettivo dedicato al lavoro, ed a parità di retribuzione economica. Non è nemmeno questo il punto cruciale della mia riflessione, che non è condizionata (vorrei chiarirlo), né da umori personali, né da preconcetti. Il problema che mi preme sollevare è di ordine educativo e didattico. È quasi un assioma di tipo apodittico, cioè che non ha bisogno di dimostrazione, tale è la sua evidenza, che la DaD non ha sortito alcun valido esito pedagogico e culturale. Direi che, nella migliore delle ipotesi, la DaD ha solo tamponato un vuoto didattico ed educativo generato da un grave rischio epidemiologico. Il ricorso a forme e strumenti digitali è servito a ricucire e stabilire un legame virtuale con alcuni alunni, specie i più piccoli e fragili.

In alcune situazioni la DaD ha mantenuto insieme le classi ed ha permesso una relazione umana di dialogo ed empatia tra i docenti e i loro discenti. Ed è stato un bene. Io stesso ho impiegato varie forme di didattica a distanza, anzitutto per ripristinare quel legame affettivo ed empatico con i miei alunni. Ma non tutti i miei alunni e le loro famiglie hanno avuto gli strumenti (tecnici, economici e culturali) per seguire in maniera serena ed efficace le attività on-line. Ma non è soltanto una questione di dispositivi digitali in comodato d’uso gratuito a beneficio delle famiglie più bisognose (specie quelle numerose), né di connessione alla Rete. È anche e soprattutto una distanza di tipo socio-culturale ed economico, che è riconducibile ad un divario di classe, di status materiale e sociale, vigente al di là della didattica a distanza, poiché esiste nella realtà concreta ed iniqua della società in cui viviamo, per cui si ripercuote nelle dinamiche della scuola in presenza. E chi può negarlo?

Ad ogni modo, in aula, un docente, se provvisto di doti e qualità morali ed intellettuali intrise di cultura, empatia, carisma, sensibilità, autorevolezza e prestigio, avrebbe la possibilità di colmare, o almeno ridurre, un divario socio-culturale tra gli allievi, mentre la DaD concorre solo ad accrescere tali distanze. In linea teorica, un’efficace didattica svolta in modalità on-line, può servire ad una trasmissione delle nozioni teoriche, nella migliore delle ipotesi. Non a caso gli stessi percorsi di recupero e di integrazione degli apprendimenti, che sono stati previsti a partire dal mese di settembre, sono la spia che tradisce le carenze ed i limiti stessi insiti nella didattica on-line.


di Lucio Garofalo