“L’Opinione risponde”: piante, condominio e guai

Francesca Antonini di Roma, scrive alla rubrica “L’Opinione Risponde” per una questione riguardante l’irrigazione delle piante poste nei balconi.

“Dieci anni fa ho acquistato un appartamento sito al piano terra con un ampio terrazzo. I condomini dei piani superiori hanno dei terrazzini con delle piante, e a volte annaffiandole fanno cadere molta acqua nel mio terrazzo, a volte sporca in quanto c’è della terra. Ci sono delle leggi che regolano l’irrigazione delle piante?”.

Sulla questione risponde l’avvocato Filippo Sirolli Mendaro Pulieri.

La questione che mi ponete, è tra i motivi più frequenti di discussione all’interno dei condomini. Annaffiare le piante è un’operazione compiuta da tutti, ma a volte provoca malumori se non vere e proprie liti tra i condomini. Adornare terrazzi e balconi di piante e fiori rientra tra uno degli hobby più piacevoli, ma questo non deve essere mai fatto a discapito degli altrui diritti e del rispetto delle norme sul quieto vivere, racchiuse e rappresentate dalle norme del nostro codice civile e penale la cui osservanza, a ben vedere, è sufficiente per garantire una pacifica convivenza. In genere è il regolamento di condominio, a precisare gli orari in cui è concesso annaffiare. In tal caso, bisogna rivolgersi all’amministratore, e suo tramite invitare l’inadempiente al rispetto del regolamento condominiale. Non è detto che tutti i regolamenti di condominio prevedano delle norme comportamentali, e nel nostro caso specifiche per l’innaffiamento dei fiori. A tal proposito, mi sento di dire che ognuno di noi dovrebbe agire rispettando e applicando le basilari norme del quieto vivere e dell’altrui rispetto. Qualora l’invito dell’amministratore abbia esito negativo, o il regolamento non preveda nulla in tal senso, la questione è tutelabile sia da un punto di vista civile che penale.

Come possiamo difenderci da comportamenti simili ?

Da un punto di vista civile, previa diffida, si può esperire un’azione di risarcimento danni sempre che il pregiudizio sia documentato, rilevante e non insufficiente. L’offesa non deve essere necessariamente patrimoniale, può anche consistere nello stress psicologico derivato dalla reiterazione di un comportamento o nella compressione del diritto di godimento del proprio terrazzo e/o giardino. Trattandosi di vertenza condominiale, bisogna preventivamente esperire a norma di legge il tentativo di conciliazione presso i competenti organi conciliativi ivi previsti. Nel caso in cui tale tentativo non vada a buon fine, e il comportamento lesivo sia continuativo con pregiudizio tangibile e costante, si può agire presso il Tribunale civile del luogo ove si trova l’immobile, anche con un provvedimento di urgenza. Per quanto poi riguarda la tutela penale è necessaria una reiterata attività di inondazione del terrazzo del piano sottostante con macchie visibili per poter procedere con una querela. Se si decide di sporgere querela, bisogna inviare preventivamente una lettera di diffida con raccomandata a/r segnalando, sempre in maniera documentata, l’episodio spiacevole. Nell’ipotesi del riconoscimento giudiziale del reato, lo stesso è punito con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro. Sul punto, è intervenuta anche la Suprema Corte di Cassazione affermando, con la sentenza n. 15956/2014, come costituisca reato innaffiare le piante e far cadere l’acqua nel balcone o nel giardino sottostante, solo se l’episodio si verifica continuamente e costantemente. Le due azioni sopra esplicitate non sono alternative e vanno proposte, nell’ipotesi di locazione dell’immobile, nei confronti del proprietario dello stesso, non dell’occupante con contratto di locazione.

Aggiornato il 21 aprile 2020 alle ore 12:11