La vita è l’antidoto, l’amore l’unica cura

È proprio vero che un libro in questo Paese, anche ai tempi del coronavirus, non lo si nega a nessuno… ovviamente come autore intendo.

Ecco quindi il pronto fiorire di instant-book, quale quello del professor Roberto Burioni, e di altri molto meno noti come scrittori che, smaniosi finalmente di vedere il proprio nome su una copertina, non esitano ad ammorbarci con le loro autoreferenziali e verbosamente noiose pagine. Libri del tutto inutili, che transiteranno attraverso la già sin troppo vessata editoria italiana, senza lasciare altra traccia di sé – e del loro autore, tranne l’autoerotismo scrittorio e la vanità del mediocre che lo contraddistingue – verso i circuiti remainder oppure delle bancarelle ad un euro.

Tutto ciò avviene – ne parlavo con un grande amico e serio professionista del giornalismo quale è Antonello Sette qualche ora fa – inoltre in un momento di pura follia e d’incubo come questo che ci scorre ogni giorno dinanzi ai fogli del calendario; dove governano e regnano per merito d’incapaci ovviamente, soltanto il terrore e la paura.

Una follia che ha annichilito un Paese, schiacciandolo sotto una cappa plumbea che provoca depressione sociale e ancor più economica, che alimenta i disagi e favorisce soltanto la inaudita distruzione di un’intera civiltà. Nelle aule del Parlamento hanno generato uno stato di continua apprensione, dove le anime più fragili si sentono preda dall’angoscia e invase dalla tristezza, dimenticandosi di dover vivere.

La vita, questo è il punto, la vita vera, non quella ipotizzata da sterili deliri di scrittorucoli di infimo ordine, la vita che è stata interrotta in questa nostro Paese, con la scusa – in parte, ma soltanto in parte valida – del contenimento di una epidemia. Epidemie, morbi, malattie pandemiche che sempre sono esistite nel corso dei millenni e dalle quali il genere umano è sempre uscito, ma erano altri tempi e gli uomini erano sicuramente migliori di adesso: le cattedrali, i templi, le fortezze e i palazzi stanno lì a dimostrarlo, duraturi più di chi li ha eretti e senza dubbio più di qualsiasi pestilenza.

Non vedo più parlare né scrivere di cose belle, esiste soltanto il Covid-19, non c’è più poesia, né musica, né arte… Nessuno più costruisce il proprio futuro, disegnandolo con amore, si parla soltanto di una fine prossima di ogni cosa. Questo avviene perché la nostra società ha perso il contatto con il Sacro ed il Mistero, ha voluto dimenticare l’Anima del Mondo.

È una morte civile, indotta, che troppi accettano supinamente invece di ribellarsi, e per “ribellione” non intendo le grida isteriche su Facebook di qualcuno talmente debole da non saper sopportare l’isolamento. La sola risposta a questo è allora la volontà di vivere: quello slancio vitale, quell’impulso solitario che spinge a combattere per l’affermazione della vita, della passione, dell’anima, dello spirito e finanche del corpo – ché anche di quello siamo composti – e che ci deve far lottare affinché si torni presto alla vita, dove non ci manchino più gli abbracci e i baci di coloro che amiamo, dove tornino i sorrisi, l’allegria e le risate davanti a una tavola imbandita, ai calici di vino che allietano le serate e riecheggi ancora la bella musica intorno a noi.

Non lasciamo che la Morte Rossa della novella macabra di Edgar Allan Poe abbia la meglio, ricordiamoci piuttosto che la Morte nulla può contro l’arte, la passione, l’amore e il desiderio, perché esse sono parte integrante della vita umana. L’amore salva, più di qualsiasi altro vaccino che vorrebbero imporci per legge, soltanto quello è la panacea universalis perché è privo di morte: “amors” è infatti il suo codice misterioso, nulla oltre nulla di più.

Quindi, mentre qualcuno trae fugace piacere dal proprio onanismo scrittorio, invece forse di cercarlo tra le carni o nell’avventura che evidentemente gli sono precluse, miserrimo dunque perché mai vivo, se non accettiamo il fatto che la vita vada vissuta con passione e divertimento, e sì, certo anche con un briciolo di follia… allora abbiamo vissuto invano, con un nome che non merita d’esser scritto neanche sull’acqua.

Aggiornato il 20 aprile 2020 alle ore 13:31