La morte nelle case di riposo

lunedì 30 marzo 2020


Eppure un fenomeno simile lo avevamo già vissuto. Ricordate il fiorire di cooperative (o presunte tali) che, dalla sera alla mattina, erano nate per dare ospitalità ai disperati che arrivavano dall’Africa?

Capito l’affare, calcolati i vantaggi economici che ne derivavano, in molti si improvvisarono “imprenditori dell’accoglienza” con un occhio sempre rivolto a quegli enti locali che ne dovevano pagare (assai spesso cospicuamente) le prestazioni.

Oggi viene al pettine (in maniera che più drammatica non si poteva immaginare) la questione delle case di riposo per gli anziani nelle quali il maledetto Covid-19 sta compiendo quotidianamente delle stragi al limite dell’inimmaginabile. Quelle stesse case di riposo che, talvolta, hanno riempito le pagine dei giornali perché trasformate in lager dove il vecchietto è drammaticamente diventato vittima indifesa di soprusi e maltrattamenti.

Quelle che dovevano essere rifugi per anziani oramai stanchi e allo stremo delle forze, in questi giorni si scoprono essere (non tutte, per la verità) dei veri e propri cimiteri. E il discorso, purtroppo, è sempre quello del quale abbiamo scritto all’inizio: gente che si reinventa imprenditore e mette in piedi strutture al limite dell’indecente dentro le quali le persone anziane vengono considerate poco più che larve umane, per non parlare poi della “professionalità” di chi dovrebbe assisterle.

E adesso siamo qui a contare le vittime di questa indecenza nazionale: certe istituzioni versano finanziamenti a “fondo perduto” pur di togliersi dai piedi quello che, invece che una risorsa storica del Paese, viene considerato semplicemente un peso: l’anziano.


di Gianluca Perricone