La libertà ai tempi del coronavirus

Nella drammatica e ineluttabile tempesta del Covid-19, la gabbia domestica in cui siamo costretti offre una possibilità di libertà mai sperimentata durante quei tempi, in cui, al contrario, pensavamo di essere davvero liberi.

Anzitutto, abbiamo riscoperto la Comunità. Prima, il senso di Comunità era al massimo quello verso il collega di lavoro, l’anziano in fila alla cassa del supermercato, il mendicante a cui allunghiamo qualche spicciolo: una solidarietà necessitata dal buon senso, un atteggiamento quasi spinto dallo sguardo dell’altro. Un artificiale senso di appartenenza. Come cambiano le cose. Adesso non si va più al lavoro, gli anziani stanno chiusi in casa e i mendicanti non si trovano più così facilmente agli angoli della strada. Ma il senso di appartenenza a un unico popolo, ad un’unica Provvidenza, si è intensificato. Abbiamo iniziato a salutare le persone per strada, soprattutto quelle non conosciute; a regalare un sorriso, anche se a distanza di sicurezza, al cassiere del supermercato. Nelle città, i giovani creano associazioni per aiutare gli anziani a fare la spesa. Abbiamo riscoperto la Famiglia. Questa, per me, è stata la novità più bella e importante. Mia madre è un’insegnante di italiano, adesso in quarantena domestica come tutti. Abbiamo deciso che al mattino, dopo l’acquisto dei giornali, discutiamo la nostra personale rassegna stampa, con dibattiti anche molto accesi sulle scelte del Governo durante questa emergenza. Mia mamma è una tipa tosta, combattiva, da giovane viaggiava con il Manifesto sotto il braccio e si scontrava con le compagne. Io, al liceo classico, la stessa cosa, se pur da poli opposti: Libero sotto il braccio e scontri ripetuti con la professoressa di filosofia.

Oggi, come allora, i dibattiti sono molto intensi. Mio padre, invece, medico ortopedico, non vive la nostra quarantena. Continua ad andare al fronte a visitare pazienti e ad operare. Con mio padre, con cui ho sempre avuto un rapporto difficile, parlo al mattino a colazione e alla sera quando fa rientro. La sua preoccupazione sul Coronavirus è molta. Ha continue notizie di colleghi di altri reparti infettati, ricoverati, e in gravi condizioni. Continua a ripetere: “Èuna questione di culo, questo virus bastardo”. L’Alieno del momento ci ha fatto riscoprire anche l’Amicizia, quella vera e senza compromessi, quella legata al sacrificio e alla solidarietà, all’affetto fraterno e alla comprensione profonda. Quella che sento nella voce fraterna del carissimo amico Enrico, romagnolo nel sangue ma romano di adozione, con cui ho condiviso momenti spensierati ai tempi dell’università nella Capitale. È ovviamente preoccupato, ma combatte la paura con la responsabilità dell’azione, con la determinazione della conoscenza. Ha suddiviso la giornata in vari momenti, dedicando ognuno a una passione diversa: dalla storia dell’arte all’ingegneria, dall’economia alla finanza.

Infine, il virus bastardo, mettendoci di fronte a così tanto tempo libero, ci ha cambiato lo sguardo verso le nostre Passioni. Da passività superflue a essenziali per lo Spirito, la lettura e lo studio sono diventate essenziali per sentirsi vivi e partecipi della Collettività. Ho ricominciato a leggere libri per intero, dopo averne spizzicati molti tra un impegno e un altro; ho iniziato con continuità a rafforzare la mia conoscenza del francese, visti i miei prossimi impegni (chissà a quando rimandati) in Lussemburgo; ho riscoperto la bellezza di portare fuori il mio cane e dedicargli le dovute attenzioni. Tutto assume un significato più grande, adesso, e ogni gesto è tornato ad assumere il suo peso. L’emergenza ci ha indotto a una gestione più consapevole e prudente della nostra libertà, che abbiamo ritrovato in un momento in cui invece le nostre libertà individuali sono ridotte al minimo. Una contraddizione che ci dice molto di noi, molto del nostro Popolo: abbiamo creduto di poter usare la nostra libertà senza alcun limite, ma ci siamo appropriati della sua vera dimensione solo quando un limite, imprevedibile e incontrollabile, è stato imposto alla nostra ubris. C’è molto da lavorare. Ma il senso del limite ci ha salvato (per ora).

Aggiornato il 19 marzo 2020 alle ore 13:38