È tempo di morire

Lascio che siano i tristi e mediocri comunicatori da tre soldi a fare le loro dotte citazioni sulla pandemia nei secoli, neanche troppo abilmente copiate e incollate dall’ovvia voce di Wikipedia, loro esclusiva fonte di riferimento culturale.

Anche chi scrive vorrebbe in verità, evitare di rimembrare il tempo del liceo, nel quale se si ha avuto la fortuna di un buon insegnante d’italiano, si dovrebbe aver appreso che nell’imperversare – nell’anno del Signore 1348 – a Firenze, della Peste Nera, un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, si rifugiò in un’avita villa e per trascorrere il tempo, prese a raccontarsi novelle umoristiche ed erotiche. Ne naque il Decameron di quel Giovanni Boccaccio che tutti dovreste conoscere.

Ma io preferirò invece rifarmi a quella summa, meravigliosa e fantastica, che più di qualsiasi altra ha saputo ricreare il sapore ed il gusto del Medio Evo immaginato, e che è L’Armata Brancaleone. Ricordo dunque quell’episodio in cui il fido Branca, entra con il proprio “manipolo di membruti” in una civita abbandonata e vi scopre, unica donna, la concupiscente vedova. Ne nasce questo delizioso quanto divertente dialogo:

Vedova: Divino amore mio, amore mio. Cuccurucu cuccurucù. Sulla mandola lo meo canto s’invola. Cuccurucù, cuccurucù...

Brancaleone: Cuccurucù...

Vedova: Godiamo, pecchiamo. Che è la morte? Che ci resta da vivere? Mordi.

Brancaleone: Ho fame di baciare. Vieni, dove fuggi?

Vedova: Dammiti prendimi, prendimi e dammiti. Cuccurucù.

Brancaleone: Cuccurucù, prendimi e dammiti, godiamo e pecchiamo, cuccurucù cuccurucù. La tua pelle avvampa. Febbre d’amore? Anch’io lo voglio.

Vedova: No, su quello letto no.

Brancaleone: Lo perché? Dammiti prendimi cuccurucù...

Vedova: No, vi morì lo meo marito.

Brancaleone: Ulla, quando?

Vedova: Iere.

Brancaleone: Iere? Di che malanno?

Vedova: Come di che malanno? De lo gran morbo che tutti ci piglia: la peste!

E se non ridete, come il Neri ne La cena delle beffe, “peste vi colga!”, mi limiterò a riportarvi l’esiaziale e apocalittica sintesi del pensiero espresso l’altra sera a Quarta Repubblica, dall’amico Alessandro Meluzzi: “La pandemia arriverà e Paesi come l’Italia saranno fottuti per buonismo e ottusaggine!”. Sostanzialmente mi trova d’accordo, anche se continuo a preferire Brancaleone, o il Neri dei tempi del Magnifico Lorenzo che cantava nel suo Trionfo di Bacco e Arianna: “Chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza”. Allora dobbiamo ridere e prendere questa possibile tragedia del Coronavirus in maniera superficiale e approssimativa come stanno facendo nel nostro Paese? Sminuire la pericolosità dell’evento virale? Accusare come sempre, di tutto, compreso l’omicidio di Jfk e quello di Giulio Cesare, Matteo Salvini?

Esattamente il contrario. Conoscere il fatto che, sistematicamente, terribili epidemie hanno nel corso dei secoli decimato la popolazione mondiale, accresce la nostra consapevolezza che un intervento forte ed efficace sia assolutamente necessario ed immediato.

Chi avesse occhi e anima libera vada a vedersi il grande dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, Il Trionfo della Morte del 1562 circa, conservato nel Museo del Prado di Madrid e avrà l’occasione non da tutti, di poter assistere alla cavalcata della Nera Signora nel nostro mondo, con il proprio corteo di guerre, carestie e – come in questo caso – di pestilenze.

Una credenza popolare diceva che l’Apocalisse – regolarmente come ogni apocalisse – sarebbe iniziata nel 1500. E così in parte fu. Era il periodo in cui le “sette flagellanti” attendevano “la fine dei tempi”, ma ciò che è poi accaduto non è stata la fine del mondo, quello che è arrivato non è stato il “Regno Millenario” ma il “mondo moderno”: il nostro, quello attuale. Allora, nello stesso tempo nel quale la Morte danzava per le strade dell’Europa del Nord, in Italia splendeva il massimo fulgore del Rinascimento con Leonardo, Michelangelo, Raffaello e le corti dei Medici, degli Sforza, dei Gonzaga e quella papale dei Borgia.

Oggi chi abbiamo? Guardatevi intorno, li vedete ogni giorno sedere sugli scranni di Montecitorio, affacciarsi alla domenica per l’Angelus, comparire in ogni talk-show di politica sulle reti televisive.

Allora, quando vedo quei volti, mi domando invece – in maniera polemica e provocatoria, per nulla politicamente corretta – se un’epidemia mortale oggi, non sarebbe un bene, se comportasse il prezzo da pagare della scomparsa di uomini mediocri, inutili, servili, ignoranti, opportunisti e incapaci. Forse anche il sottoscritto rischierebbe la vita in un simile frangente, ma sono disposto al sacrificio, se Parigi valesse la messa, almeno potrei presentarmi dinanzi a “Pietro, seduto in maestà” e dire d’aver degnamente vissuto. Cosa che temo per loro, non molti possano fare, oggi almeno in Italia.

Aggiornato il 24 febbraio 2020 alle ore 11:52