Un focus sulle “lobby”, espressione di autonomia e libertà

Parte I: Origine e caratteristiche del lobbysmo

Il termine lobby, che suscita tanti timori nell’opinione pubblica italiana, nasce a Londra e deriva dalla parola loggia, loggiato. In un ambiente di tal genere, adiacente alla Camera dei comuni, s’incontravano, infatti, parlamentari e i rappresentanti di gruppi di rilevanza sociale ed economica. Eravamo nella seconda metà del XVII secolo, in un paese dove si stava affermando il capitalismo agrario che a sua volta incentivava un’effervescente attività manufatturiera. Il Regno Unito conosceva una notevole crescita economica e accumulava capitali che erano spesso investiti in nuove attività commerciali, finanziarie e produttive.

La classe imprenditoriale necessitava, tuttavia, di protezione e ausilio da parte dei governanti, per questo esercitava su di loro una continua pressione per far sì che i loro interessi fossero tutelati. I lobbysti erano, perciò, i portavoce di siffatti gruppi che, in un’area di concorrenzialità cercavano di influenzare, in termini a loro positivi, la Camera bassa. Il vocabolo lobby ebbe una definitiva consacrazione solo nell’Ottocento e sempre nel XIX secolo i portatori di interessi comuni assunsero il nome di lobbysts e la loro attività di “promozione” fu chiamata lobbyng.

Sempre nello stesso periodo, in Usa, i giornali cominciarono ad usare il termine lobby agents per identificare professionisti che, tra sfera imprenditoriale e mondo politico, prestavano opera di intermediazione, recandosi nel Campidoglio, a Washington, per esercitare la loro attività “pressoria”. Questa pratica era diventata molto comune oltreoceano, tant’è vero che i quotidiani iniziarono a riferirsi a tali soggetti, considerandoli veri e propri esperti dell’intermediazione fra sfera politica e mondo imprenditoriale.

Si “favoleggia”, ma spesso le favole hanno un fondo di verità, che il termine lobbysts nacque dal fatto che il presidente Ulysses Grant (1869-1877) usasse ricevere presso la lobby (hall) del Willard Hotel di Washington esponenti e portavoce degli interessi del mondo sociale. Ma come può essere definito il lobbysmo? Luigi Graziano, in Lobbying, pluralismo e democrazia afferma: “lobbismo è la faccia politica dei gruppi di interesse, una volta che decidano di perseguire finalità pubbliche, mutandosi da associazioni private in gruppi volti all’azione politica”. A sua volta Maurizio Cotta, docente alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Siena, precisa che “un gruppo di interesse, può essere definito come un insieme di persone, organizzate su basi volontarie, che mobilita risorse per influenzare decisioni e conseguenti politiche pubbliche”.

Va aggiunto che esiste poi una forma di lobbiyng indiretto (gli americani lo definiscono grassroots lobbying), che cerca di influenzare opinione pubblica e di conseguenza legislatori e governanti attraverso media e movimenti di piazza. Questo in poche parole è il modo delle lobby: uno stato di concorrenzialità alla luce del sole fra interessi contrastanti, tipico di una società democratica e liberale; l’Italia, però, sembra ancora lontana da questo mondo.

Aggiornato il 20 febbraio 2020 alle ore 13:01