Vino: dagli abissi in orbita

martedì 18 febbraio 2020


Produzione mondiale in forte rialzo, superfici agricole dedicate alla coltura che interrompono il trend di decrescita, consumi stabili e scambi internazionali in aumento sia in volume sia in valore; ecco solo alcuni dati relativi a uno dei beni di consumo più apprezzati ed amati sulle tavole di tutto il mondo: il vino.

Ebbene, proprio il nettare di Bacco è stato recentemente al centro di due sperimentazioni molto curiose, apparentemente opposte tra loro ma con la stessa finalità: esplorare nuovi confini per scoprirne nuove potenzialità e nuovi sapori.

Nel primo caso, tutto italiano, un’azienda vitivinicola dell’Isola d’Elba, in collaborazione con il professor Attilio Scienza, ordinario di viticoltura dell’Università di Milano, ha condotto un vero e proprio esperimento “archeoenologico” unico al mondo e, non a caso, il frutto di questo progetto è stato chiamato “Nesos”, che in greco antico significa “isola”. L’isola è quella di Chio, e lo scopo è stato quello di riprodurre, dopo 2500 anni, un pregiatissimo e raro vino di lusso esportato proprio dalla piccola isola dell’Egeo orientale verso i porti di tutto il Mediterraneo. La particolarità di questa bevanda, oltre alla capacità di sopportare bene i trasporti via mare, era il suo sapore dolce, alcolico e molto aromatico, derivante da un segreto in fase di produzione che è stato custodito gelosamente per lungo tempo ma che è stato oggi riprodotto grazie all’intraprendenza di questa azienda toscana.

L’uva Ansonica, tipica dell’isola d’Elba, è stata immersa in mare, in delle apposite ceste, ad una decina di metri di profondità per alcuni giorni, prima della fase successiva di appassimento al sole: in questo modo, grazie al processo di osmosi, il sale marino è penetrato negli acini senza danneggiarli, preservandone l’aroma e con un affetto antiossidante e disinfettante che ha permesso di evitare l’utilizzo di solfiti. Poi, il nettare così ottenuto, è stato posto a riposare in alcune anfore di terracotta, per permetterne un’ottima ossigenazione ed isolamento termico ed arrivando così a realizzare un prodotto estremamente naturale e del tutto simile a quello prodotto migliaia di anni fa in Grecia.

Opposta direzione e distanza ha preso invece l’uva dell’esperimento messo in atto da una startup lussemburghese, la Space Cargo Unlimited, che in collaborazione con le università della francese Bordeaux e della tedesca Baviera, ha inviato sulla Stazione spaziale Internazionale (ISS), a 400 chilometri di distanza dal nostro pianeta, una cassa di vino rosso di Bordeaux con l’obiettivo di studiarne l’invecchiamento e l’evoluzione in un ambiente privo di gravità.

Le bottiglie rimarranno in orbita sopra le nostre teste per un anno e, una volta riportate sulla Terra verranno confrontate con quello del medesimo vino conservate però sul nostro pianeta: lo scopo è di rilevare eventuali differenze nello sviluppo delle qualità organolettiche della bevanda dovute all’effetto delle microgravità e delle radiazioni spaziali.

Insomma, che si guardi al vino delle profondità del mare dell’Antica Grecia o che si proiettino le bottiglie verso il futuro spaziale alto sopra le nostre teste, sempre varranno per descriverlo le parole di Euripide: E dove non è vino non è amore; né alcun altro diletto hanno i mortali”.


di Chiara Gulienetti