“La Stampa” e “CorSera” tagliano redattori

Tensioni e fermento nel mondo del giornalismo. I timori arrivano dalla Stampa di Torino e dal Corriere della sera. Gli editori John Elkann e Urbano Cairo chiedono l’uscita dai quotidiani di oltre 80 giornalisti, in prevalenza con prepensionamenti per sfruttare le ipotesi della Legge di Bilancio 2020. I segnali di allarme si moltiplicano, tanto che il direttivo dell’Associazione stampa romana ha chiesto, ufficialmente, chiarimenti al governo anche alla luce dell’articolo della garante dei lettori della Stampa Anna Masera dal titolo “Giornalismo senza articoli, una scommessa per il futuro”. L’osservazione partiva dal dossier della Fondazione americana “Nieman Lab” di Harvard in cui si prevedeva che il 2020 “sarà l’anno in cui elimineremo gli articoli di notizie”.

L’articolo, secondo la ricercatrice Emily Withrow, “è ormai una reliquia della distribuzione, dell’audience e dei modelli di introiti che non funzionano più come prima”. Il “lettore-telespettatore-ascoltatore-utente” è frastornato. Cosa c’è dietro l’angolo? Non sappiamo, scrive la garante dei lettori, se “i giornali italiani siano pronti ad affrontare questo genere di sperimentazione ma quel che è certo è che il mondo del giornalismo è in fermento e presto La Stampa annuncerà importanti novità”. Quali pericoli si nascondono? Dopo secoli di onorata attività per permettere ai lettori di essere informati su quanto accade nel mondo il giornalismo è giunto al termine e con esso anche l’istituto di previdenza?

Quali novità intende riservare il quotidiano torinese ai suoi lettori e quali sono i programmi del gruppo presieduto dal giovane nipote dell’Avvocato Giovanni Agnelli John Elkann Sono in tanti a chiederselo. Non solo giornalisti e tipografi. Il nuovo piano industriale presentato alle rappresentanze sindacali evidenzia una prospettiva di ridimensionamento. Su 180 giornalisti in organico le uscite dal quotidiano previste sarebbero 37 di cui 22 prepensionamenti (che paga l’Inpgi), cassa integrazione per tutti al 15 per cento, tagli di stipendi e riduzione degli straordinari e delle prestazioni domenicali. A fronte di un incentivo di 18 mesi di stipendio e qualche benefit. In sostanza redazioni svuotate.

La redazione ha rispinto per due volte le proposte della proprietà dopo che John Elkann ha acquisito la maggioranza del gruppo Gedi che edita Repubblica, L’Espresso, il Secolo XIX e una miriade di quotidiani locali tra cui il Piccolo di Trieste e la Nuova Sardegna. La delusione è doppiamente forte se confrontato con il trattamento diverso usato a Repubblica con il piano di esodi più generosi del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. L’impatto netto sulle buste paga è notevole ma preoccupano le ripercussioni sulla qualità dell’informazione in una fase di crisi dell’intero settore dell’editoria. Secondo le nuove regole della Legge di Bilancio 2020 per ogni due uscite ci dovrebbe essere un’assunzione. La ricetta Gedi non è, però, digeribile per i giornalisti e i tipografi dal momento che non si comprendono gli obiettivi di Elkann che ha incontrato anche Lucia Annunziata che aveva lasciato nelle settimane scorse la direzione dell’Huffington Post, la testa digitale del gruppo.

Situazione delicata anche a Repubblica. Il direttore Carlo Verdelli era stato scelto dai fratelli De Benedetti ed ora con il cambio di proprietà e il passaggio di Massimo Giannini alla direzione di Radio Capital potrebbero arrivare novità già prima del Referendum e della nuova ondata di elezioni regionali.

Aggiornato il 06 febbraio 2020 alle ore 13:54