Mettere ordine nella crisi dell’editoria

Una legge per l’editoria che rimetta ordine tra tutte le misure di sostegno diretto e indiretto alla stampa. Sono scaduti intanto i termini entro i quali le aziende editrici di quotidiani e periodici dovevano presentare la domanda per i contributi 2019. Il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte ha convocato per il 5 febbraio i ministri dell’Economia e del Lavoro, i vertici della Federazione nazionale della stampa, degli editori e dell’Istituto di previdenza dei giornalisti. Una situazione complessa e per alcuni aspetti drammatica visti gli stati di crisi di molte aziende e il continuo ricorso ai prepensionamenti.

Il Comitato di redazione di Huffpost Italia ha chiesto alla Gedi di chiarire le prospettive della testata dopo l’annuncio di addio di Lucia Annunziata. È di nuovo crisi profonda per il settore poligrafici dell’Ansa, tanto che i giornalisti dell’agenzia hanno lanciato l’allarme per il futuro della più grande agenzia di stampa italiana e tra le prime nel mondo. I tavoli di confronto devono portare a chiarire molti punti: dalla promozione e garanzia del lavoro giornalistico al riordino del mercato pubblicitario, dagli incentivi alla lettura dei giornali alla disciplina del diritto d’autore, dal sostegno alle agenzie di stampa al contrasto al precariato.

Sul salvataggio dell’istituto si assiste in questa decina di giorni prima delle votazioni ad un duro scontro sulle misure da adottare prima di giugno, scadenza entro la quale dovrebbe scattare il commissariamento. La materia è complessa ma occorre partire da un dato. Fino al 2013 il conto tra entrate ed uscite nei bilanci dell’Inpgi per ammortizzatori sociali era a vantaggio dell’istituto. Poi con la crisi dell’editoria i pensionamenti e prepensionamenti dal 2025 sono stati 3.500, svuotando le redazioni di agenzie, quotidiani, periodici.

Il bilancio Inpgi 2020 chiuderà con circa 200 milioni di euro in rosso e la riserva tecnica dovrebbe scendere a 2,2 anni dagli attuali 2,5 con la legge che impone 5 anni. Con la legge di bilancio 2020 il governo Conte ha aperto la possibilità di altri 120 prepensionamenti di giornalisti di aziende in crisi che colpirà ulteriormente l’istituto, facendo risparmiare gli editori che si “liberano” di dipendenti all’apice della loro carriera.

Che fine ha fatto il tesoretto di 62 milioni accumulato grazie al contributo di giornalisti pensionati per effetto del blocco della perequazione e al doppio taglio delle pensioni sopra un certo tetto? I pensionati Inpgi hanno adempiuto al principio di solidarietà “inter-generazionale” e solo dal marzo prossimo, dopo 3 anni, torneranno ad avere la pensione piena. E veniamo alla questione dei comunicatori. Secondo i dati fatti filtrare si tratterebbe di 13mila e 900 figure di vario genere. Si ribalterebbero i rapporti con i professionisti in attività che superano appena le quindici mila unità.

La soluzione non sono i comunicatori ma le garanzie pubbliche, la lotta al precariato, l’applicazione della legge 150, inattuata da 20 anni da comuni, regioni, enti pubblici, università, federazioni sportive, grandi aziende, società quotate in borsa, ministeri, organi costituzionali, commentatori sportivi in tivù, i 3mila Co.co.co. che versano all’Inpgi 2, i finti programmisti registi tivù, le finte cessioni del diritto d’autore. Tutti coloro cioè che svolgono realmente attività giornalistica di natura subordinata ma che hanno contratti di lavoro autonomo mascherato.

Aggiornato il 04 febbraio 2020 alle ore 11:31