Il futuro è già oggi

La mobilità, le abitudini ad utilizzare i mezzi pubblici, il pendolarismo sistematico che ogni giorno vede muovere masse di cittadini dalla casa al posto di lavoro, la naturale entropia che caratterizza tutti gli spostamenti giornalieri che consentono ai fruitori della città di accedere alle aree o ai punti urbani in cui effettuare gli acquisti per prodotti food o no-food, le varie occasioni di incontro per attività legate all’attuazione di interessi economici, i vari spostamenti mirati a trascorrere in appositi locali ciò che definiamo “tempo libero”, ebbene tutte queste forme naturali del vivere comune, forme che proprio in questi ultimi anni hanno raggiunto soglie elevatissime in termini di uso dei mezzi di trasporto privati e pubblici, scompariranno non in un futuro prossimo ma, senza accorgercene, stanno già scomparendo.

Un primo segnale preoccupante è stato fornito un paio d’anni fa con la chiusura, nelle grandi e medie realtà urbane, di molte librerie; Amazon, infatti, ha reso conveniente economicamente l’acquisto e, al tempo stesso, la velocità con cui alla richiesta dell’acquisto fa seguito la disponibilità del libro o dei libri ha praticamente convinto sempre più tutti a frequentare sempre meno le librerie. Dopo, pian piano, è esplosa l’abitudine ad ordinare prodotti prima no-food e poi prodotti food. Tutto questo sta ridimensionando e ridimensionerà sempre più, in modo sostanziale, la mobilità legata alle vecchie abitudini che caratterizzavano i rapporti tra un determinato ambito residenziale e ciò che ancora continuiamo a definire “negozi” o “centri commerciali”. Anche i vecchi rapporti tra i fruitori della città ed i centri pubblici (Comune, Regione, Poste, Uffici preposti ad attività finanziarie, Banche, ecc.) grazie ad internet, grazie alle tecniche informatiche, non si sono solo ridotti, ma in moltissimi casi, si sono, addirittura, annullati e si sono trasformati in una corrispondenza priva di voce, priva di rapporto fisico diretto.

I confronti sia fra grandi operatori della finanza, sia fra livelli apicali della pubblica amministrazione, sia anche i confronti e le riunioni commerciali e amministrative più modeste, attraverso lo strumento della “teleconferenza”, sono diventate sistematiche ed hanno praticamente ridotto le occasioni di incontro e, quindi, annullato le relative occasioni di mobilità. Una serie di attività quali quelle della Pubblica amministrazione relative al “data entry”, cioè all’accumulo di dati o alla verifica di atti o alla fornitura di apposite certificazioni, hanno, praticamente, reso possibile il totale o parziale lavoro all’interno della propria abitazione e, in tal modo, pian piano si è ridimensionato l’obbligo della presenza e in alcuni casi, specialmente nei rapporti tra organismo privato e lavoratori, ha preso corpo la modalità contrattuale del “cottimo”. Questo rivoluzionario cambiamento delle naturali forme di vita sociale pensavamo avvenisse in modo più lento o quanto meno con una evoluzione più cadenzata, invece no, ci stiamo accorgendo e al tempo stesso ci stiamo meravigliando che tutto sia successo e stia succedendo con una tempistica davvero inimmaginabile.

Allora dobbiamo avere il coraggio di descrivere da subito lo scenario che caratterizzerà, nel prossimo decennio, la vita dei fruitori non delle singole realtà urbane ma dell’intero Paese. Non la ritengo una evoluzione positiva perché azzerare gli incontri, annullare il rapporto diretto tra le persone, annullare l’accesso ai centri mercato o ai luoghi dello svago come i ristoranti, rappresenta, a mio avviso, una perdita secca ed irrecuperabile della crescita sociale, della crescita della capacità umane di un popolo. Ma non entro nel merito delle componenti sociologiche perché non ho la minima conoscenza di un simile fenomeno, mi soffermo, invece, sull’aspetto prettamente logistico che non fra un decennio ma già oggi caratterizza il nostro vivere. Sarebbe opportuno aprire subito un confronto tra i soggetti che direttamente o indirettamente sono gli attori chiave di questa innovazione strutturale, a mio avviso sarebbe utile, in prima fase, aprire un confronto tra Amazon, i gestori della offerta ferroviaria soprattutto nei servizi pendolari, i gestori della mobilità nelle grandi aree urbane, i responsabili delle Camere di Commercio delle grandi e medie aree urbane.

Un confronto mirato a ridisegnare ciò che possiamo già definire il “nuovo modello della offerta dei servizi”. Prenderanno corpo così sicuramente i primi interrogativi e i primi riferimenti strategici:

ha senso mantenere gli stessi orari nell’accesso e nell’uscita dalle sedi di lavoro;

ha senso annullare la capillarità dei siti commerciali e trasferire ad un unico soggetto il processo commerciale e distributivo e, se ciò si configura come scelta obbligata, definire nuove modalità nella definizione dei costi dei servizi resi;

ha senso non tener conto di una possibile diversa utilizzazione delle reti urbane (su gomma, su ferro e su reti metropolitane) senza contestualmente non ridisegnare i modelli della offerta;

ha senso non tener conto della crescita dei costi dei prodotti garantiti da internet senza rivedere i costi dei prodotti stessi;

rivedere integralmente i livelli tariffari dei servizi relativi al trasporto pubblico locale;

prevedere possibili incentivi per il mantenimento in ambito urbano delle attività e delle funzioni di locali con funzioni particolari (librerie, locali culturali, bar storici, ecc.);

trasferimento di una quota parte dell’Iva, prodotta da questo nuovo sistema dei servizi diretti tra fruitore e fornitore, cioè dell’Iva prodotta da questo nuovo rapporto domanda – offerta, in un apposito Fondo mirato al supporto delle crisi generate in alcune attività commerciali.

Appare quindi evidente che questo repentino cambiamento non può essere sottovalutato non solo da chi è preposto al governo del Paese, ma da tutti coloro che, direttamente o indirettamente, stanno già vivendo il fenomeno legato alla modifica della domanda di servizi. Allora, proprio agendo sulla componente legata alla “logistica”, sia intesa come ubicazione dei siti in cui si genera e si attua il rapporto domanda – offerta, sia intesa come ottimizzazione dei processi di scambio dei prodotti, potremo vivere questo “futuro” in modo meno traumatico.

So benissimo che questa denuncia, questa anticipazione, non sarà facilmente accettata perché non è facile ammettere che sta cambiando o, addirittura, è cambiato un modo di vivere, un modo di rapportarsi con l’intorno che ci circonda, ma questa indisponibilità finisce nel momento in cui si scopre che la nuova organizzazione della domanda di servizi è molto più conveniente in termini economici ma meno umana, anzi assolutamente non umana.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 24 gennaio 2020 alle ore 17:05