Don mazzi papa… grazie no

“Sarà l’età”, diceva in una battuta il Diavolo, con il viso del grande Renzo Montagnani, a Filippo Neri, a sua volta interpretato da Johnny Dorelli, in quel piccolo ma straordinario capolavoro del cinema fantastico che è State buoni se potete del compianto Gigi Magni. Forse la stessa battuta varrebbe per Don Antonio Mazzi, viste le sue ultime esternazioni rilasciate in occasione dei suoi novant’anni a Uno, nessuno, 100Milan su Radio24: “La rovina della Chiesa non sono i pochi preti, ma sono i preti che ci sono: cominciando dai cardinali” dice il noto presbitero televisivo, e sin qua potrei anche esser d’accordo con lui, almeno in buona parte di essi. Anche qui, infatti, la situazione si è fatta molto peggiore dei tempi in cui a Roma c’era Pippo Bono. Alla domanda su cosa farebbe Don Mazzi se dovesse mai diventare papa, ha così risposto: “Chiuderei il Vaticano e San Pietro diventerebbe una chiesa normale. I Musei Vaticani li darei in affitto ai giapponesi e ai cinesi. I cardinali li manderei in Africa, che c’ è bisogno di preti”.

Alla faccia non soltanto del bicarbonato di sodio, ma anche di quella di un certo Gesù di Nazareth, dell’apostolo Pietro, di Paolo di Tarso e di duemila anni di storia, cultura, arte e tradizione che ha formato la civiltà occidentale. Ma certo, chiudiamo il Vaticano che si erge sul mons vaticini, e soprattutto trasformiamo San Pietro in “una chiesa normale”. Vorrei chiedere a Don Mazzi cosa sia per lui una chiesa “normale”. Uno di quegli obbrobri postmoderni firmati da qualche archistar? Un capannone in periferia o in uno scantinato usato a turno, di volta in volta, per il bingo o come moschea? “normale” no, San Pietro, come molte altre chiese cattoliche non potrà mai essere una chiesa normale, perché in essa esiste una tale ricchezza d’arte e di bellezza che non la rende “normale” ma unica e straordinaria. L’iconoclastia luterana stessa non sarebbe mai arrivata a tanto, ma “sarà l’età”. Poi via discorrendo, anzi continuando, il buon Don Mazzi, dichiara che darebbe in affitto i Musei vaticani ai giapponesi.

Interessante proposta che, sono certo, i giapponesi sarebbero troppo intelligenti da accettare, in quanto evidentemente saprebbero ciò che il nostro sacerdote televisivo evidentemente ignora. I Musei vaticani non soltanto sono la più grande raccolta al mondo – insieme al Louvre parigino – di opere d’arte e capolavori assoluti dall’età greco romana ai nostri giorni, ma sono anche uno dei pochissimi musei in attivo e mediante quegli introiti, il Vaticano, non soltanto continua a gestire un immenso patrimonio d’arte diffuso in tutto il nostro Paese, ma copre gran parte delle proprie spese. O vorrebbe anche trasformare la Cappella Sistina in un bel centro d’accoglienza per i migranti? Tanto ci sono soltanto affreschi di gente ormai morta e trapassata come Michelangelo, Pinturicchio, Perugino. Tutta roba inutile, vecchia, obsoleta. Svendiamo tutto ai giapponesi – che non la comprerebbero mai – e trasformiamo ogni cosa abbia in sé ricchezza, bellezza, arte e cultura in un pauperismo socialistoide che non ha nulla a che vedere con la vera carità cristiana ma soltanto con il più insulso bigottismo buonista dei nostri tristi tempi. No, non è in Africa che devono andare i preti oggi, ma proprio all’interno delle mura aureliane di Roma, perché lì dovrebbero insegnare il Vangelo, a chi lo ha ormai dimenticato.

Aggiornato il 04 dicembre 2019 alle ore 13:01