Bergoglio e le beatitudini politically correct

“Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”.

Non vi suona un po’ strano il testo di questa nona beatitudine così come riveduta, corretta e tradotta dal latino e prima ancora dal greco? È possibile tradurre il testo latino e prima ancora quello greco del Vangelo secondo Matteo con una perifrasi che all’epoca non poteva esistere (“Operatori di pace”)?

“Ma de che?”, direbbero i cattolici trasteverini. Non vi suona un po’ come un ammiccamento alle tante Ong, cattoliche e non, di cui Papa Bergoglio si è fatto paladino negli ultimi tempi?

Se avete questa impressione, purtroppo è anche quella giusta. Il testo, che adesso si può leggere nella maniera suddetta anche nei messali in Chiesa e nei Vangeli delle edizioni Paoline, è stato adottato dal 2014. Prima invece era così: “Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio”.

E in realtà sembra quest’ultima la traduzione più aderente al testo latino: “Beati pacifici quoniam filii Dei vocabuntur”. Ma siccome, e notoriamente, nella storia dell’umanità il “traduttore” è sempre stato identificato con il “traditore”, forse si dovrebbe risalire addirittura al testo in greco antico in cui vennero scritti (e poi tradotti in latino) gli evangeli.

E il testo greco è questo: “makarioi oi eironopoioi, oti autoi...”. Il verbo al participio “eirenopoieo” significa letteralmente “colui che fabbrica la pace”, però la traduzione che viene data è sempre quella originaria de “i pacifici”. Al massimo si poteva arrivare a “coloro che portano con sé la pace”. O che la fanno. Ma “operatori di pace” è un bel salto semantico per il significante, anche se il significato grosso modo è lo stesso.

Anche Dante Alighieri, e la cosa è riportata negli studi danteschi della Treccani, si attiene al testo latino e al suo significato tradotto con “i pacifici”. Ecco precisamente cosa si legge nell’enciclopedia nella sezione degli studi danteschi a proposito della nona beatitudine del discorso della montagna. (“Così disse il mio ducaPurgatorio XVII (40-69)e io con lui volgemmo i nostri passi ad una scala; e tosto ch’io al primo grado fui, senti’mi presso quasi un muover d’ala e ventarmi nel viso e dir: ‘Beati pacifici, che son sanz’ira mala!’...”).

“Beati i pacifici” è l’inizio della nona beatitudine che in latino suona così: “Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur”, Matteo 5:9). Dotte dissertazioni a parte, è poco ma sicuro che nell’epoca in cui venne scritto il Vangelo secondo Matteo (cioè tra il 70 dopo Cristo e il primo secolo dopo Cristo, anche se recentemente qualcuno lo ha retrodatato a poco prima del 70) la circonlocuzione “operatori di pace” non l’avrebbe usata nessuno nelle varie traduzioni di quello scritto. E infatti oltre mille e cento o mille e duecento anni dopo neanche Dante se la sarebbe sognata. E così ancora per i 700 e passa anni a seguire dopo la stesura della Divina Commedia.

Abbiamo dovuto attendere il Papa “venuto dall’altra parte del mondo” – con il suo bagaglio terzomondista e politically correct – per leggere sui messali una frase che balza agli occhi per quanto suona male. Una traduzione che se l’avesse usata un prete per un sermone in un film di Nanni Moretti si sarebbe forse sentito rispondere da un fedele: “Io non parlo così”.

Aggiornato il 05 novembre 2019 alle ore 11:00