Uno tsunami italiano: il caso P2

Parte 3: Le conseguenze. Qui la prima e la seconda parte

La Commissione d’inchiesta sulla Loggia P2 operò dal dicembre 1982 al luglio 1984. Nei tre anni di attività si riunì 147 volte, interrogò 198 persone, fece eseguire 15 operazioni di polizia giudiziaria, requisì migliaia di documenti che furono assemblati, insieme ai verbali degli interrogatori, nei 106 tomi degli Atti.

Al termine dei lavori la Commissione elaborò una relazione di maggioranza, nella quale si rilevavano: “gravi […] conferme in ordine alla pericolosità per l’ordinamento repubblicano delle attività poste in essere dalla loggia massonica P2 in delicati settori della vita nazionale quali quelli della pubblica amministrazione civile e militare, segnatamente con riferimento ai servizi d’informazione e sicurezza, nonché quello dell’editoria e dell’informazione e quello finanziario e bancario”.

L’on. Tina Anselmi asserì che la Commissione aveva dimostrato “la presenza di uomini affiliati alla loggia in buona parte delle vicende più torbide [… del] paese”. La P2 era perciò un’area di potere occulto, ove erano fioriti illeciti di ogni genere che andavano da manovre economiche e finanziarie, a operazioni di dossieraggio, fino a veri e propri progetti eversivi. Era inoltre ipotizzabile che la P2 avesse trattenuto rapporti con frange deviate dei servizi segreti, malavita organizzata, eversione nera e intelligence di altri paesi.

Diversi addetti ai lavori criticarono la relazione; per il radicale Massimo Teodori la loggia di Gelli era “parte integrante del regime partitocratico”; per gli esponenti del MSI era il frutto malato della partitocrazia, mentre, per l’on. Occhetto la “loggia” aveva complottato “nel segno dell’anticomunismo per stravolgere gli scenari politici e istituzionali”.

In ultima analisi la Commissione d’inchiesta non riuscì a fornire risposte soddisfacenti ma si limitò a elaborare teorie, tanto che, ancora oggi, gravano sulla vicenda aspetti oscuri e interrogativi privi di risposta. Inoltre, la magistratura dette scarso credito alle tesi della Commissione, condannando Licio Gelli a 17 anni di carcere, di cui cinque condonati, per millantato credito e calunnia, tuttavia, lo assolse dall’accusa di cospirazione politica.

Gli effetti del caso P2 furono devastanti per la libera muratoria italiana che da allora fu associata alla loggia segreta, di conseguenza i massoni divennero sospettati coi quali era opportuno non avere rapporti. Tuttavia anche il mondo politico ne uscì turbato. Sarà forse un caso, ma dal 1982 la tendenza a criminalizzare l’avversario politico si acuì e come scrisse Indro Montanelli divenne prassi ordinaria “chiudere la bocca” a chi la pensava diversamente, “ungendolo di Gelli e di P2”. La degenerazione del dibattito politico implicò, a sua volta, un minor rispetto della libertà individuale e dell’indipendenza di pensiero e l’Italia, che col sangue aveva raggiunto la libertà, vide germogliare male piante che si credevano estinte, fra le quale quella velenosissima del reato di opinione.

Aggiornato il 29 ottobre 2019 alle ore 14:15