A proposito di pene accessorie perpetue

Mi auguro che il prossimo passo sia la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle pene accessorie perpetue, coerentemente con quanto già accaduto per quelle connesse ai reati fallimentari.

Questo è davvero un Paese strano, guidato da sciocchi – i pentastellati – che non si rendono conto di essere soltanto lo strumento di qualcuno che la sa lunga (e, come diceva Woody Allen, sapendola lunga, è malvagio in fondo al cuore).

Vada – fino ad un certo punto, si fa per dire – per le pene principali: la misura dell’afflizione è sempre opinabile. Sulle pene accessorie, però, e (in certi casi), sulle misure di sicurezza, bisognerebbe discutere.

Tempo fa, Cassandra come purtroppo mi accade spesso, dissi che il Governo era riuscito nella mirabile impresa di rompere il nesso che avvince le pene accessorie a quelle principali, innescando automatismi e tempi che le autonomizzavano, trasformandole in sanzioni senza fine, non rimovibili.

Oggi, decidendo su un attributo dell’ergastolo, la Corte costituzionale ha frantumato in parte un automatismo ingiusto, rimettendo al Giudice la valutazione della durata del blocco alla liberazione dei condannati all’ergastolo. Le pene accessorie – quelle perpetue – devono essere la prossima tappa di questo percorso che conduce alla effettiva e piena attuazione delle norme costituzionali. Poi, speriamo, si passerà alle confische, misure ablative la cui connotazione punitiva è più temibile della pena, al punto che ne possono prescindere.

A piccoli passi, e senza cedere a tentazioni che esporrebbero ad accuse di lassismo, si può fare molto. Ad esempio, si può riconoscere che le parole mai e per sempre sono, di fatto, cancellate dal nostro ordinamento.

Aggiornato il 24 ottobre 2019 alle ore 19:40