Sanità nel Lazio, parla Giuseppe Caroli

lunedì 16 settembre 2019


Giuseppe Caroli è il commissario straordinario della Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea di Roma. Medico specialista in igiene e tecnica ospedaliera e specialista in igiene e sanità pubblica. Nella sua esperienza le direzioni sanitarie di Parma e del Rizzoli di Bologna e la direzione generale della Azienda ospedaliera di Pordenone e la Usl di Modena prima di arrivare nel Lazio e dirigere la Asl Roma 5 (ex Roma G) di Tivoli e dal 2015 il Sant’Andrea. Parla il dialetto umbro e la lingua tedesca, essendo stato anche lui un giovane medico emigrante oltre frontiera.

Nel suo corposo curriculum vitae non mi pare di aver visto riferimenti a trascorsi bocconiani. Lei è un pesce fuori d’acqua?

Non ho fatto i corsi della Bocconi e penso che l’esperienza che ho fatto sul campo sia stata molto positiva. Ho frequentato dei corsi regionali, ma soprattutto non credo nell’importanza che stiamo dando all’Economia sanitaria per risolvere i problemi del Servizio sanitario nazionale. Ritengo che le esperienze di ingegneria organizzativa portate avanti dalla Bocconi che sono sotto gli occhi di tutti non abbiano dato i risultati sperati.

Nel Lazio, prima di essere stato nominato commissario al Sant’Andrea è stato direttore generale nella Asl di Tivoli, un’azienda molto complessa, con tante criticità e tuttora priva di direttore generale. Se le proponessero di tornare a Tivoli?

Ci penserei.

Di lei non si ricordano interviste o interventi fra gossip, autopromozione e autoreferenzialità. Ma qui nel Lazio, ai piani alti della regione e tra i suoi colleghi, lei è più amato o sopportato?

Il problema non me lo sono posto. Io lavoro in sanità con lo stesso criterio del buon padre di famiglia. Ritengo che noi abbiamo il compito di dare delle risposte ai bisogni dei cittadini. Finché riusciamo a darle facciamo il nostro mestiere, nel momento in cui non riusciamo a darle abbiamo clamorosamente fallito.

Dal 2015 è nel Lazio. Cosa porterà via di buono nel suo bagaglio di esperienza?

Un’esperienza assolutamente positiva, pesante, con tante notti insonni per capire come riuscire a risolvere una serie di problemi. Ma come tutte le esperienze c’è del positivo e del negativo. Ma come tutte, ritengo che andava fatta e sono contento di averla fatta. Anche perché penso di avere fatto delle cose importanti, specialmente mentre ero a Tivoli: tutta la ristrutturazione dell’Ospedale di Monterotondo, le Rems per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, belle esperienze che arricchiscono il mio curriculum professionale.

Qual è stato il suo rapporto in questi anni con Zingaretti e Alessio D’Amato? Se dovesse trovare un pregio e un difetto a ciascuno di loro?

Zingaretti l’ho visto quattro, cinque volte al di fuori delle inaugurazioni. La frequenza con D’Amato è stata più lunga, più importante, più significativa con spesso alzate di voce da parte sua e alzate di voce da parte mia. Alla fine la ritengo positiva. È una regione in pieno piano di rientro. Quindi ritengo che la mission politica della precedente e dell’attuale giunta non sia ancora completamente espressa nelle attività e nei risultati che stanno portando a casa. L’augurio che faccio è che a novembre i tavoli dei ministeri affiancanti decidano di sancire l’uscita della Regione Lazio dal piano di rientro e allora voi che vivete nel Lazio potrete vedere come si comporta questa Giunta.

Loro non ritengono che il Lazio sia ancora in piano di rientro, almeno dicono che non lo siamo più.

Allora quello che ho letto nei verbali dall’ultima riunione dei ministeri affiancanti, che se non erro si è svolta a luglio, dicono che dal punto di vista economico sono usciti, ma ci sono altre situazioni che vanno chiuse e poi probabilmente i governi centrali non vogliono mollare l’osso sulla Regione Lazio che è la più importante d’Italia, con la capitale d’Italia e anche per quei signori è importante tenere sotto scacco la regione e io ritengo che con i punti Dea che stanno crescendo, con la qualità dell’assistenza che sta migliorando, con le vaccinazioni che stanno aumentando, questa regione ce la possa fare ad uscire a novembre.

Come ha affrontato il problema della carenza del personale medico?

In tre anni, dal 2016 al 2019, ho assunto personale medico, ausiliari, personale infermieristico senza grossi problemi.

Però lei è riuscito a trovarlo questo personale, che altri non riescono a reperire da nessuna parte.

Come lei sa, prima di bandire un concorso è necessario espletare la mobilità nazionale. Per quanto riguarda il personale infermieristico con le assunzioni effettuate con il Giubileo, altre assunzioni effettuate utilizzando graduatorie del Policlinico Umberto I piuttosto che di altre aziende a livello territoriale e abbiamo prima di questo megaconcorso che stiamo portando avanti per infermieri dove dovrebbero essere oltre 10.800 persone che sono state ammesse all’orale, concorso che vale per tutta la Regione Lazio, abbiamo espletato la mobilità nazionale e ne sono arrivati quattro, cinque perché purtroppo nel rinnovo del contratto collettivo nazionale del comparto è stata tolta la clausola che l’azienda cedente può avere 60 giorni di tempo per cederlo. Questo è stato tolto e siccome il personale viene dalle aziende prevalentemente del nord Italia la i direttori generali stanno facendo di tutto per non perdere questo personale.

Il personale appena laureato che hanno assunto per i Pronto Soccorso proprio al nord è stato un caso emblematico.

Ma sa, loro hanno la possibilità di lavorare all’estero perché tutti riconoscono che la formazione del nostro personale sia medico che infermieristico che tecnico è ottima a livello europeo, quindi possono scegliere di andare a lavorare in altri posti dove li pagano molto meglio. Il privato sta assumendo con i suoi grossi gruppi, penso al gruppo Humanitas, Rotelli, Sansavini, per dire i più grossi, assumono pagandoli decisamente meglio rispetto a quello che sono pagati nel pubblico, ricordiamoci del rinnovo contrattuale della dirigenza medica avvenuto adesso dopo dieci anni di fermo. Discorso completamente a parte è quello del Pronto Soccorso. Secondo me il fatto che il personale formato dall’università e specializzato con soldi delle regioni far pensare che forse questo sistema nazionale deve essere rivisto non mettendosi sempre e solo nelle mani degli economisti sanitari ma ripensando un po’ la funzione del sistema sanitario.  Nonostante tutte riforme fatte è l’unico punto che garantisce assistenza 365 giorni l’anno h24. Quindi, vuol dire che tutte le misure messe a disposizione sul territorio i medici di medicina generale, la Guardia medica, gli ambulatori, le case della salute, non stanno dando risposte. Ergo, il meccanismo che era stato messo in piedi ormai trent’anni fa va ripensato, se sta assolvendo il suo compito oppure no. Se mediamente gli accessi al Pronto Soccorso, circa il 60 per cento, potevano trovare risposte in strutture non ospedaliere perché catalogati come codici bianchi, bisogna domandarsi perché queste strutture non hanno dato risposte a queste persone. Forse la rete ha delle maglie larghe o bucate.

E come ha affrontato il problema della violenza contro i medici e il suo personale sanitario?

La stiamo affrontando mettendo delle toppe. Luciano Cifaldi, segretario generale della Cisl Medici Lazio, in una sua intervista recente, ha avuto ragione quando ha detto “tolleranza zero” e quando richiede più sicurezza. La ricetta non ce l’hanno i direttori generali in mano, perché abbiamo speso e stiamo spendendo un sacco di soldi per la vigilanza, però la vigilanza ha delle regole di ingaggio che sono completamente diverse rispetto a quelle di Polizia e Carabinieri e Guardia di Finanza. Non possono mettere le mani addosso, per esempio, a chi fa violenza, non possono sparare in aria, non possono mettere le manette e secondo me la ricetta potrebbe essere quella, di far assumere del personale di Polizia o Carabinieri o Guardia di Finanza utilizzando quella parte di soldi che ogni azienda ha da parte ogni anno per la vigilanza, cioè ce li paghiamo, l’importante però che lo Stato li assuma. Mi sembra strano che per un derby ci siano sessantamila persone e 1.200 poliziotti e per migliaia di persone che lavorano dentro gli ospedali e nei poliambulatori non sia abbia lo stesso riguardo o la stessa opportunità di sicurezza delle persone che vanno allo stadio. I soldi ci sono, ma anziché darli alla vigilanza privata che ha le mani legate darla a chi può intervenire e garantire questo servizio. Inutile fare riunioni col Prefetto che poi dice che i soldi non ci sono. Come i medici sessantenni non è giusto che facciano i turni di guardia o che stiano in sala operatoria facciamo in modo che anche i poliziotti che hanno superato i 55 anni non debbano più stare per strada a garantire l’ordine pubblico, ma stiano all’interno delle strutture sanitarie e mettere a disposizione l’esperienza che hanno nella città e dieci persone così dentro ad un ospedale in cinque mesi diventano padroni della struttura, capiscono come si devono muovere, quali sono i punti critici e il resto.    

Ma a Tivoli secondo lei non c’è ancora un direttore generale perché vorrebbero andarci in tanti e non sanno chi scegliere oppure non vuole andarci nessuno a causa dell’appalto del nuovo ospedale, per l’abusivismo che era diventato una regola nell’Albuccione di proprietà della Asl e la totale assenza dello Stato in questi anni che ha fatto sì che la situazione si incancrenisse?

Non so se non lo trovano o attendono che il nuovo direttore si liberi da impegni e incarichi che ha già. Posso dirle che lavorare a Tivoli è stato assolutamente stimolante, che anche il problema dell’Albuccione era una cosa che avevamo iniziato ad affrontare però con idee da parte della Regione. La precedente Giunta regionale aveva fatto una norma regionale per quanto riguarda i beni del Pio Istituto e il territorio dell’Albuccione rientra nei beni del Pio Istituto e io a chi aveva fatto la casa irregolare o altro posso chiedergli di pagare il terreno e quando avevo iniziato di fare questo tipo di operazione non avevo trovato contrarietà da parte dei soggetti che vivevano in quel territorio, ma se io gli dico che oltre a pagarmi il terreno mi devi pagare anche la costruzione quel signore mi fa un pernacchio e mi dice, “ti lascio il terreno e la casa e mi dai i soldi tu”. Quindi è da rivedere la norma, che non è agevole da questo punto di vista.

In quale progetto la vedremo impegnato dal prossimo anno?

Mi sto guardando intorno, compio settant’anni il primo febbraio e grazie alla legge Madia che ho sempre contestato non posso più lavorare nel pubblico. Vediamo se ci sarà qualcosa di interessante. Lavorare per lavorare non mi interessa. Lavorare per fare qualcosa di importante sarebbe diverso.

@vanessaseffer


di Vanessa Seffer