Uno tsunami italiano: il caso P2

lunedì 9 settembre 2019


Parte I: Gli antecedenti e la deflagrazione del caso P2

La loggia “Propaganda massonica” fu fondata, a Roma, dal Grande Oriente d’Italia nel 1877, col fine di accogliere figure importanti, soprattutto uomini politici ed esponenti di spicco della cultura. La nuova officina raccoglieva l’eredità della loggia “Universo”, fondata dieci anni prima, con identici fini, a Firenze allora capitale del Regno d’Italia.

Della “Propaganda Massonica” fecero parte personaggi celebri, quali Giovanni Bovio, Adriano Lemmi, Ernesti Nathan Quirico Filopanti, Agostino Bertani, Giosué Carducci, Luigi Castellazzo, Eugenio Chiesa, Arturo Labriola, Aurelio Saffi, Ferdinando Martini, Giuseppe Zanardelli e, forse, Francesco Crispi.

Nel secondo dopoguerra, la loggia “Propaganda” fu rifondata dal Grande Oriente, sotto la Gran Maestranza di Ugo Lenzi” ed ebbe il numero di matricola 2, da qui il nome P2. La successiva storia della loggia non fu particolarmente significativa, fino a quando il gran maestro del Goi, Lino Salvini, l’affidò a Licio Gelli, forse iniziato nel 1965. Questi, pur volendo che la “Propaganda massonica” fosse un gruppo ultra riservato, rilasciò diverse interviste, come quella del 1976 all’“Espresso”, dove magnificò l’importanza della P2 che, a suo dire, contava ben 2400 iscritti e vantava  importanti contatti a livello internazionale.

Questo era lo stato dei fatti, quando, il 12 marzo del 1981, il sostituto procuratore della Repubblica di Milano Guido Viola e i giudici istruttori Giuliano Turone e Gherardo Colombo ordinarono la perquisizione domiciliare “in tutti i recapiti noti” di Licio Gelli, indagato “per atti relativi a interferenze sull’estradizione di Michele Sindona”.

Le perquisizioni effettuate dalla Guardia di finanza portarono al ritrovamento e al sequestro nella sede della ditta Gioele a Castiglion Fibocchi, in una valigia, con l’elenco degli iscritti alla loggia “Propaganda Massonica”. La documentazione era irrilevante rispetto all’inchiesta, ma i magistrati, ritenendo che l’incartamento in loro possesso fosse la prova dell’esistenza di “un’organizzazione segreta in grado d’interferire sulle decisioni e sulla gestione delle pubbliche istituzioni”, la inviarono al Presidente del Consiglio, l’onorevole Arnaldo Forlani. Intanto la notizia del ritrovamento degli elenchi della P2 filtrò sulla stampa e il capo del governo, pressato dall’opinione pubblica e dal Parlamento, il 20 maggio, rese pubblici gli elenchi: fu uno tsunami che, in poche ore, sconvolse l’intero Paese.

(fine prima parte)


di Luigi Pruneti