Se questo è un Paese civile…

Tornerà a guidare l’autista romeno Deniss Panduru, autore del ribaltamento dello scuolabus ad Arquà Petrarca (Padova), avvenuto lo scorso 17 maggio. Il giudice di Pace ha pensato bene di congelare il provvedimento della sospensione della patente irrogato, se ben ricordo, a seguito di un incidente in cui sono stati coinvolti quindici bambini. Non parliamo di una persona che ha sbagliato solo una volta. Se andiamo a sbirciare nel suo vissuto troviamo precedenti per maltrattamenti e violenza sessuale in ambito familiare, lesioni personali e minacce dopo una lite in strada, oltre a guida in stato di ebbrezza con ritiro della patente.

Panduru, il 51enne romeno, è fuggito dopo aver causato il sinistro al pulmino dove viaggiavano gli studenti, tutti di elementari e medie, lasciando incustodito il mezzo e senza prestare soccorso ai ragazzini. A undici di loro sono state accertate contusioni per fortuna non gravi, per lo più piccoli traumi alla testa, tra cui una ferita lacero-contusa, botte alle caviglie e alle spalle. Per due studenti sono stati necessari ulteriori esami nel reparto di pediatria che hanno dato riscontro negativo.

Ora la domanda nasce spontanea: perché riabilitare una persona così recidiva ad atti non proprio ortodossi? Perché il magistrato è arrivato ad una decisione del genere? Siamo un Paese garantista solo quando si benda un imputato? Parlo di dinamiche, perché in altri Stati civili questo non sarebbe mai accaduto, mentre in Italia, da quando la sinistra è andata al governo, abbiamo esempi di lassismo legislativo e burocratico. Ovunque ci giriamo, troviamo mendicanti, ubriachi, venditori abusivi e rom che, per un lungo periodo, sono state chiamate “risorse”, che impongono violentemente la loro presenza in ogni dove. Se proviamo a ribellarci non troviamo nessuno disposto a sostenerci. Non se ne parla di rispettare il vivere civile.

Basta posare uno sguardo sui social o media che in prima pagina denunciano le abluzioni fatte nelle fontane e “nasoni” di Roma. Non ci stupiamo allora di tali decisioni, perché alcuni soggetti espatriano proprio perché nei loro luoghi di origine sarebbero puniti in maniera esemplare, e sanno perfettamente che qui da noi invece tutto è permesso. Tempo fa, sempre una nota esponente politica diceva: “Poverini, ma al Paese loro non sanno che violentare è reato, quindi vanno educati”. La politica deve cambiare, esistono leggi che permettono anche l’espatrio.

Aggiornato il 03 agosto 2019 alle ore 11:59