Foto, bende e umanità negata

La foto che ritrae Christian Gabriel Natale Hjorth ammanettato e bendato ha suscitato numerose censure, ma nessuna ha colto esattamente, ad avviso di chi scrive, l’aspetto più profondo, grave e dopotutto semplice, della faccenda di via In Selci, che trascende la stessa vicenda giudiziaria sottostante. Si premette che non si vuole trattare dei diritti difensivi o della presunzione di non colpevolezza. Anzi, si intende partire dal presupposto (naturalmente ipotetico, ma è irrilevante per la questione che si sta ponendo) che ci stiamo occupando di un sicuro colpevole.

Uno dei principi sui quali si regge lo Stato moderno, civile e democratico, è che la persona umana, in quanto tale, ha dei diritti, cosiddetti fondamentali, che non le possono essere negati, qualunque cosa abbia commesso, fosse pure Adolf Hitler. Tra questi, quello di non essere sottoposta a trattamenti inumani e degradanti. La questione dunque, è secca: l’autore di un reato, un colpevole, un condannato, è un essere umano o no?

Se lo è, non può essere umiliato; in assoluto e soprattutto da chi esercita una pubblica funzione. L’avallo di un trattamento degradante esprime la negazione dell’umanità di colui che il trattamento subisce, e, di conseguenza, di uno dei principi sui quali lo Stato si fonda. “Scioccante”, per riprendere la definizione della Cnn, non è tanto e solo ciò che la foto ha fissato ma la foto in sé, la disinvoltura con la quale è stata scattata prima e diffusa poi.

E il sostegno che ne è seguito da parte di alcune alte cariche della Repubblica. Quarant’anni fa a Roma giravano ragazzi, più o meno coetanei dei due americani di oggi, deliberatamente in cerca di uomini in divisa per eliminarli e sottrarre loro l’arma di ordinanza. Fatti evidentemente più gravi di quello dello scorso 26 luglio, senza voler sminuire nulla, né offendere nessuno.

Eppure, nessun rappresentante istituzionale fece mai esternazioni nei confronti dei terroristi implicanti la negazione dei loro diritti fondamentali. Né gli appartenenti alle forze dell’ordine, che certo non ci andavano coi guanti di velluto, si sarebbero mai sognati di documentare ciò che di insolito avveniva in commissariati e caserme e poi renderlo pure pubblico.

Oggi è sembrato addirittura legittimo farlo. Non sorprende. La comunicazione, politica e non, è ormai talmente intrisa di disprezzo e avversione dell’altro (quale è inteso un delinquente) che questo non è nemmeno più considerato una persona e la sua annichilazione è normale, se non dovuta. Ma attenzione: la negazione dell’umanità altrui è ciò su cui si sono fondate la schiavitù e l’Olocausto.

In che direzione stiamo andando?

Aggiornato il 31 luglio 2019 alle ore 17:38