La scuola va cambiata radicalmente

La scuola è amore. La scuola è vita, è bellezza, è una palestra finalizzata a far crescere i cittadini di domani. La scuola non è un carcere e non è una caserma, non è una fabbrica che deve sfornare prodotti commerciali e non è un’azienda. La scuola è la scuola, con una sua specificità, e non è paragonabile a qualsivoglia altro modello sociale. Scuola significa amore per lo studio, per la conoscenza, per il dialogo, per le idee, per la cultura. La scuola è collaborazione, cooperazione, ascolto, incontro, attenzione reciproca, lealtà, comprensione, apprendimento, sete di conoscenza, sogno, affettività, impegno, talento, creatività. Insomma, detto in una parola, la scuola è amore. Eppure, in questi giorni di Luglio, sento dire da qualcuno che la scuola manca di autorità. Dissento. La scuola manca di autorevolezza, non di autorità. I politicanti, per troppo tempo, hanno umiliato la scuola con alcune controriforme, hanno screditato i docenti per interi lustri, hanno mortificato i dirigenti scolastici cambiando il loro ruolo e mettendoli in continua difficoltà, hanno trasformato gli studenti in un prodotto standardizzato e omologato, ma l’autoritarismo non è la soluzione, anzi: è il problema.

Appena ho messo piede in un’aula, il primo giorno in cui sono arrivato in una scuola da docente, ho cercato di educare gli studenti alla libertà. Questo è ciò che cerco di fare ancora oggi: educare alla libertà, cioè alla responsabilità, alla consapevolezza, al rispetto e alla comprensione delle regole e delle persone, all’emergere di un pensiero elevato. Tutto questo, personalmente, lo chiamo “legge universale degli uomini”, cioè il “Libro della Giungla”, ispirandomi a Kipling. Lo conoscete? E allora, ricordatevi sempre di essere creativi, rispettosi dell’altro, responsabili.

Lo so che i professori che fanno la predica sono insopportabili. Lo so perché sono stato studente anch’io e pensavo esattamente questo. Allora, una volta divenuto insegnante, ho rovesciato la logica: ascoltare voi studenti per capire. Comprendere per essere compreso. Dare l’esempio per dare forza alle mie parole. E’ l’unico modo che ho, tra l’altro, per essere ascoltato. E mi sembra giusto. Tutti gli altri metodi non mi piacciono. Sarebbero metodi autoritari. La scuola è reciprocità, è comprensione, è dialogo. Ho grande fiducia in voi, nelle vostre capacità e sensibilità, ecco perché cerco di stimolarvi ad essere responsabili. Del resto, il docente di Storia è anche l’insegnante di “Cittadinanza e Costituzione”. Sogno una scuola liberale, creativa, entusiasmante, coinvolgente, seria, rispettosa, laica, “con la religione della libertà”, direbbe Benedetto Croce.

In ogni gruppo, in ogni comunità, in ogni organizzazione, quello che rende possibile la convivenza, il gioco, la relazione, l’incontro, il dialogo è la regola. Con tutti i limiti e le criticità che essa comporta. La regola è anche il suo plurale: le regole. Si tratta di un concetto fondamentale che ci permette di conoscere, capire e comprendere il come delle cose perché è il modo con cui facciamo le cose che mostra chi siamo.

Anche la scuola vive di regole, cioè vive di riferimenti validi per tutti. Sul Dizionario Treccani si legge: «règola s. f. [dal lat. regŭla (derivazione di regĕre, propriamente: «guidare diritto»), che significò dapprima «assicella di legno, regolo» e per traslato «regola, norma»; il primo significato è: modo di svolgersi ordinato e costante che si riscontra nella quasi totalità di alcuni fatti, nel campo della natura o dell’agire umano». E cioè? La legge, il diritto, l’ordine in alternativa al caos, alla maleducazione, all’umiliazione di se stessi e degli altri.

Però le regole hanno necessità di autorevolezza e non di autoritarismo. La scuola va cambiata radicalmente, ma non nel senso reazionario della parola. Non c’è alcuna nostalgia del passato. Personalmente, da professore, sento una forte nostalgia del futuro.

Aggiornato il 23 luglio 2019 alle ore 15:05