Etica o legge?

Su di un punto etico tutti (di destra e di sinistra, passando per i grillini) dovrebbero trovarsi d’accordo.

È il concetto fondante secondo cui il principio legale presiede tutta la vita di una comunità civile, nazionale e democratica. Perché ove prevalesse l’animo civile individualistico, capace di far prevalere ovunque la totale libertà di coscienza, ciascuno sarebbe legittimato a comportarsi come solo la propria convinzione gli impone di fare anche in campo morale.

Se, in tal modo, lo stesso diritto procedesse in piena libertà di coscienza, verrebbe disperso ogni elemento continuativo di vita sociale e comunitaria: infatti se tu ritieni lecito ciò che io condanno, io posso ritenere lecito quello che tu condanni, e via discorrendo.

Si smarrirebbe così, in un liberalismo portato alla ennesima potenza, ogni collante comune di vita civile.

Questa elementare considerazione fece sì che la stessa filosofia liberale separasse il diritto dalla morale, sottoponendo quest’ultima alle regole del primo, ma autoconvincendosi - una ben magra consolazione - che tuo diritto è tutto ciò che la legge non ti vieta.

Apprendo così un grande conflitto tra la violazione di una norma pubblica in quanto contraria con la tua coscienza e/o la negazione di ogni sussulto di coscienza ogniqualvolta quest’ultima divenga attuativa di una legge già vigente. C’è a dire una ultima cosa.

Quando si assumono ruoli istituzionali un uomo pubblico dovrebbe sempre porsi questi interrogativi preventivi, vieppiù accresciuti oggi dopo l’avvento delle dimensioni deliberative sovranazionali, Europa in primis.

Aggiornato il 09 luglio 2019 alle ore 12:51