Il caso del carabiniere musulmano: può conciliarsi fede islamica e diritto?

venerdì 28 giugno 2019


Il giuramento di fedeltà alla Repubblica di un giovane carabiniere musulmano di origine marocchina ha recentemente generato un dibattito in merito alla compatibilità dei principi sottesi alla formula del giuramento e il Corano.

Tutto è partito da un post con il quale un ufficiale in congedo dell’Arma dei carabinieri chiede come può un musulmano giurare fedeltà alla Repubblica italiana e alle sue leggi se il Corano impone che la legge coranica prevalga su tutte le altre leggi, temendo così che il giuramento possa perdere ogni valore.

L’autore del post si è inserito, forse inconsapevolmente, nell’eterna contesa all’interno dell’Islam tra conservatori e riformatori avente ad oggetto il rapporto tra religione e Stato e che vede da un lato Paesi come l’Arabia Saudita, Qatar, Bahrein in cui il Corano è fonte esclusiva del diritto islamico, la sharia, e dall’altro Paesi come la Turchia, le ex repubbliche socialiste sovietiche e alcuni Paesi africani in cui è in atto un processo di laicizzazione del diritto o tale percorso si è già definito.

In Turchia ad esempio già nel 1924 un giovane mussulmano, Kemal Ataturk, ha rinnegato le fonti dottrinali islamiche per fondare uno Stato con una legislazione laica derivata da modelli occidentali. Se è riuscito nell’intento Ataturk, sarà convinto della divisione tra Corano e leggi dello Stato anche il nostro giovane carabiniere, peraltro proveniente dal Marocco, Paese ove dal 2011 esiste una Costituzione la cui promulgazione è di fatto già un esempio di un modernismo ben distante dalla previsione di pene coraniche.

Ma vi è un altro fattore per il quale l’ingresso di un musulmano nelle file dei carabinieri non dovrebbe suscitare stupore. Nella storia dell’Arma meritano memore ricordo gli Zaptié, militari reclutati tra le popolazioni indigene di Libia, Eritrea e Somalia sino al 1942. Da un’iniziale Compagnia Carabinieri Africa presente a Massaua nel 1885, composta da forze miste, l’unità più numerosa fu costituita in Somalia ove raggiunse un organico di 1500 persone.

Gli Zaptié giuravano fedeltà al Regno d’Italia e si distinsero al fianco degli italiani in molte gloriose battaglie tra cui quella di Culqualber nel 1941 ove furono tra gli ultimi ad arrendersi agli inglesi. Molti gli Zaptié decorati al Valore: il primo soldato coloniale a ricevere una medaglia d’oro al valor militare alla memoria fu il muntaz (appuntato) etiope Unatù Endisciau, morto a Culqualber. Allo Sciumbasci capo (maresciallo) Ibrahim Alì fu conferita dal presidente Luigi Einaudi la medaglia d’argento al valor militare perché ferito gravemente nella battaglia di Cheren e lo scorso 17 marzo a Monguzzo, in provincia di Como, gli è stata dedicata una via.

Ecco perché non deve porre alcun interrogativo l’arruolamento del giovane carabiniere Badar Eddine Mennani che giurando fedeltà alla nostra Repubblica ha fatto la sua scelta e saprà sicuramente onorare l’uniforme appena indossata.


di Ferdinando Fedi